Per i food lover Milano è decisamente il paese dei balocchi, con la sua offerta in continua espansione e rinnovamento.
Nuove influenze, nuovi format, nuove aperture (e a volte necessariamente anche chiusure, sigh) rendono davvero impossibile la noia a qualsiasi gourmet.
Se provare posti nuovi è sempre un piacere, anche andare sul sicuro ha il suo fascino confortante.
Avete presente quei posti da scegliere a occhi chiusi, quando si vuole la garanzia di stare (e mangiare) bene?
Oggi quindi lascio spazio ai miei ristoranti di carne del cuore, quelli che – sono certa – farebbero leccare i baffi a qualunque carnivoro che si rispetti.
EL CARNICERO
Il mio ristorante argentino preferito in assoluto, quello dove vado quando anche l’estetica della serata vuole la sua parte.
Amo quell’atmosfera calda e allo stesso tempo elegante, festaiola ma intima; in particolare, ho un debole per la sala El patio, con cui mi sento davvero in una veranda di Buenos Aires.
Mi piace la materia prima deliziosa che non necessita di chissà quali elaborazioni per essere squisita (i miei go-to-order sono il lomo quando mi sento signorina e la parrilla in fase PM).
Perfetta poi la carta dei vini, con tante proposte corpose importate direttamente dal sud America, perfette per accompagnare questo genere di sapori (ma sappiate che anche sui cocktail sono preparatissimi).
Mi stupisce quel suo riuscire a essere sempre romantico nonostante sia spesso affollatissimo… va da sé che prenotare sia un dictat assoluto!
A Milano El Carnicero ha due ristoranti: in via Spartaco 31 (il mio preferito) e in corso Garibaldi 108
AL VALENTINO
Un locale che frequento ormai da tempo immemore, uno di quei posti che praticamente diventa casa.
Al Valentino è un ristorante accogliente, dall’atmosfera vivace ma rilassata.
Adoro il suo arredo un po’ vintage, con le tovaglie importanti e le pareti colme di cornici con stampe di Rodolfo Guglielmi, in arte appunto Valentino.
Mi ha conquistata con la sua tagliata di Angus, accompagnata da fagioli cannellini al rosmarino serviti nel padellino di rame e patate fritte croccantissime, taglio chips (quello che preferisco!).
Il servizio è cortese e i prezzi adeguati al locale. Nulla è mai troppo nè mai troppo poco.
Uno dei posti su cui, se devo invitare qualcuno, vado sul sicuro.
Si trova in Via Luigi Giuseppe Faravelli 8
BOVE’S
Mangiare bene sui Navigli non è sempre semplice o sempre all’altezza del prezzo.
Insegna della storica macelleria Martini, a Cuneo dal 1929, Bove’s è il mio personale tempio della carne piemontese a Milano.
Ordinate senza indugio un Cubo, 250 gr di tagliata di manzo gustosissima, o una tartare scomposta, servita con 10 condimenti da aggiungere a piacere alla vostra battuta al coltello.
Per sentirvi un po’ oltre Oceano, prima di cena ordinate un cocktail (sono ottimi!) al bancone in vero stile NYC.
Lo trovate in via Cesare da Sesto 1
THE BRISKET
Scoperta recente sempre in zona Navigli, una smokehouse texana. La cottura “slow and low” di questa tipologia di barbecue consente alle carni di risultare tenerissime e molto succose.
Imperdibili la punta di petto di manzo affumicata e cotta 12 ore a bassa temperatura (il piatto che dà il nome al locale) e il pulled pork, servito con coleslaw, un’insalatina di cavolo cappuccio.
Il locale è di ispirazione industriale e il servizio gentile e prodigo di spiegazioni. Nel weekend è disponibile anche la formula brunch, con burger e sandwich dove le carni sono protagoniste, a 25 euro.
The brisket si trova in Ripa di Porta Ticinese 65
Petto d’anatra alle mele
Essere accolti nei ristoranti da un “Hi, you want something to eat?”.
I negozianti che si apostrofano “Questi due li servi tu, fatti tuoi, io non parlo”.
I menu portati di default in inglese, da cameriere intimidite.
E’ una costante: io e Fabio veniamo regolarmente scambiati per stranieri.
Non solo all’estero, ma anche in Italia! Durante una vacanza in Sicilia, qualche estate fa, ci sembrava di essere su candid camera.
Colpa sua, del suo aspetto teutonico, dico io.
Ma a quanto pare pure io ho delle fattezze più est europee che tricolori.
Tra equivoci e risate, a me mica dispiace: paesaggi mozzafiato, sorrisi brillanti e come non parlare della cucina?
Io adoro i loro piatti, specialmente nella stagione fredda. Ricchi, confortevoli, con quel tocco fruttato – che tanto adoro – abbinato alla selvaggina.
Di ispirazione polacca, questo petto d’anatra è perfetto per un pranzo di festa .
Ingredienti:
un petto d’anatra pulito
1 grossa mela renetta
un cucchiaio di gelatina di lamponi (la mia era senza zucchero e senza semi, in alternativa potete usare qualche lampone fresco o del succo senza zucchero)
prosecco
latte
burro
sale e pepe qb
Affettare a fette sottilissime metà di una grossa mela e rosolarla in padella con una noce di burro.
Rimuovere dal petto il grasso e la pelle in eccesso.
In una padella antiaderente caldissima far rosolare, senza grassi, il petto per un paio di minuti da ciascun lato iniziando dalla parte della carne per terminare con quella della pelle.
Salare e pepare il petto, poi disporre sulla superficie le fettine di mela fino a coprirlo interamente.
Cuocere in forno a 180 gradi per 20 minuti: deve rimanere rosato all’interno, altrimenti la carne risulterà poco tenera.
Nel frattempo, tagliare a piccoli cubetti il resto della mela e cuocerla nella stessa padella in cui si è rosolato le fettine. Dopo qualche minuto aggiungere la gelatina, mescolare bene e sfumare con il prosecco a fiamma alta.
Prolungare la cottura il tempo necessario, a fiamma bassa, aggiungendo secondo necessità un pò d’acqua. Una volta ammorbidite bene le mele, salare e pepare e spegnere il fuoco (non lasciate che si asciughino troppo).
Frullare il tutto e allungare questa salsa con quanto latte necessario (a me ne sono bastati 3 o 4 cucchiai).
Servire il petto a fette, accompagnato dalle chips di mela e da un paio di cucchiai di salsa.
Con questa ricetta partecipo al contest Ricette di Natale del blog Una mamma che cucina:
Filetto di maiale al forno con porcini, castagne e scalogni
Le foglioline umide, le resine, l’affumicato delle caldarroste…
Immagino sentiate piuttosto l’odore dell’erba appena tagliata e i pollini, che se soffrite d’allergia (come il mio povero Fabio!) vi fanno starnutire.
In questo piatto ho incastonato i sapori del periodo autunnale, nonostante sia piena primavera, per proporvi una soluzione per fare bella figura con gli ospiti o viziare la famiglia, anche quando non si ha molto tempo da dedicare alla preparazione di un secondo.
Ammetto che è una ricetta diametralmente opposta al concetto di stagionalità e so che potrei essere bacchettata per questo 🙂 ma funghi e castagne sono due dei miei ingredienti preferiti in assoluto e per fortuna sono reperibili tutto l’anno, rispettivamente surgelati e sottovuoto.
Ingredienti:
600 gr filetto di maiale
450 gr funghi misti (surgelati o, meglio ancora, freschi)
100 gr castagne bollite (sottovuoto)
4 scalogni
pepe e sale QB
olio EVO
Far rosolare il filetto in una wok a fuoco vivace con un filo d’olio, salarlo e peparlo bene da tutti i lati.
Riporlo in una teglia senza aggiungere altro.
Nella stessa padella dove è stata rosolata la carne, con il fondo di cottura rimasto, mettere gli scalogni tagliati in quattro parti e privati del germe interno, i funghi e le castagne; aggiungere mezzo bicchiere d’acqua, salare e portare a cottura (dovrà rimanere un pò cremoso, non va fatto asciugare troppo).
Cuocere il filetto in forno a 170 gradi, forno ventilato, per circa 20 minuti.
Estrarre la carne dal forno, lasciarla riposare una decina di minuti, quindi tagliare a fette e ricoprirle del condimento di scalogni, funghi e castagne.
Ripassare in forno per 5-10 minuti, in modo da cuocere le fette lasciando il centro rosato e servire caldo.
Polpette morbide con mortadella e ricotta
Tanto odiavo la carne lessa da bambina, quanto amavo visceralmente le polpette schiacciate che la mamma preparava il giorno dopo, con le fette di recupero dell’arrosto della domenica.
Quel mix di carne ripassata, patate e non so quali altri ingredienti magici che le rendevono (insieme alla frittura, eh eh) squisite.
Un altro suo cavallo di battaglia erano le polpettine tonde, piccoline, cotte in pentola con i piselli e rigorosamente senza pomodoro (a casa mia le cose in umido per lo più si boicottavano).
Gli anni sono passati e io non smetto di adorare tutto quanto sia polpettoide, da nord a sud del mondo e passando per ogni gradino della piramide alimentare: falafel, arancini, gnocchi ripieni, canederli, polpette di verdura con cuore di formaggio, carne, pesce e perfino quelle Ikea.
Per concedermene in abbondanza senza rimorsi oggi opto per la cottura al forno e l’aggiunta di ingredienti leggeri, come in questo caso la ricotta.
Ingredienti
600 gr carne trita scelta di manzo
250 gr ricotta
100 gr mortadella
un uovo
due cucchiai di parmigiano grattuggiato
sale e pepe qb
olio EVO
pangrattato
Nel mixer tritare la mortadella, unire la ricotta, la carne, il formaggio grattuggiato e l’uovo.
Impastare tutto omogeneamente, poi unire sale e pepe( consiglio di assaggiare perchè mortadella e parmigiano sono piuttosto saporiti, anche se la ricotta smorza il sapore).
Fare delle palline con le mani e passarle nel pangrattato.
Spennellare un foglio di carta forno con olio EVO e adagiare sopra le polpettine.
Cuocere in forno statico a 180 ° per unaventina di minuti, finchè non saranno ben colorite.
NB. Per ottenere polpette particolarmente morbide, unire all’impasto anche due fette di pan carrè privato nella crosta, ammollato nel latte e poi strizzato prima di passarlo nel mixer insieme alla mortadella.
Pollo al curry
Il cibo etnico mi piace praticamente tutto: dalla golosa delicatezza del sushi, ai sapori agrodolci della cucina thai, passando per la piccante corposità dei piatti tex mex e i profumi intensi della cucina araba.
Anche la tradizione indiana propone ricette che mi fanno perdere la testa e una di queste è senza dubbio quella del pollo al curry.
Lavoro in un quartiere ricco di esercizi commerciali e ristoranti etnici perciò a volte, in pausa pranzo, mi do una vera e propria botta di vita con questi sapori… certo, poi il pomeriggio diventa sonnolentemente complicato dato che non riesco proprio a contenermi 😉
Ho chiesto a uno dei ristoratori quale fosse il segreto per ottenere la crema gustosa che avvolge il pollo e lui, intimandomi di non unirmi allo scempio dell’utilizzo della panna – che la stragrande maggioranza di chi tenta di replicare questa ricetta pare utilizzi – mi ha dato i suggerimenti che condivido con voi di seguito.
Ingredienti:
un grosso petto di pollo
farina di riso qb
un vasetto di yogurt magro
un vasetto d’acqua
un cipollotto piccolo
olio EVO
curry
sale e pepe qb
Tagliare il petto di pollo in tocchetti di 4/5 cm e infarinarli leggermente con la farina di riso.
Sminuzzare il cipollotto e farlo soffriggere in un cucchiaio di olio EVO (io con i grassi sono sempre un pò parca ma voi ovviamente potete abbondare 😉 ) dentro una wok ben calda.
Aggiungere il pollo e far rosolare a fiamma vivace, in modo che colorisca un pochino.
Abbassare la fiamma, salare e pepare e aggiungere lo yogurt. Dopo un paio di minuti, unire anche una dose generosa di curry.
Proseguire con la cottura mescolando di tanto in tanto per circa dieci minuti, a metà dei quali aggiungere l’acqua.
Poco prima di spegnere, unire al pollo la punta di un cucchiaio di farina di riso, che servirà ad addensare la salsa.
Servire con riso basmati fumante.
Stinco al forno
Una cosina leggera leggera, giusto per non perdere l’allenamento di stomaco duramente ottenuto nel periodo natalizio 🙂
Fabio adora lo stinco ma, essendo uno dei tagli che raramente trovo al supermercato, finisce che lo mangia soltanto al ristorante.
Ogni volta che vedo la gioia nei suoi occhi mentre si approccia al piatto, modello Fred Flinstone con la coscia di brontosauro, mi riprometto di trovarlo e prepararglielo: per il pranzo dell’Epifania finalmente ce l’ho fatta!
Ingredienti:
uno stinco di maiale
aromi
olio EVO
un bicchiere di vino bianco
sale e pepe
La sera prima di cucinarlo, porre lo stinco lavato in una teglia, salarlo e peparlo da tutti i lati, spennellarlo generosamente di olio EVO e cospargerlo di aromi freschi in foglia (io rosmarino, salvia e alloro).
Non cedere alla tentazione di rimuovere il grasso, che sciogliendosi in cottura manterrà la carne morbida.
Chiudere la teglia con la pellicola e lasciarlo a marinare in frigorifero tutta la notte.
Accendere il forno a 200 gradi, modalità statica. Mentre si scalda, rosolare bene lo stinco in una casseruola, senza aggiungere altri grassi se non quelli assorbiti durante la marinatura, avendo cura di non utilizzare forchette o altri utensili che possano bucare la carne; è molto importante che non perda il suo liquido altrimenti seccherà troppo.
Saranno necessari circa dieci minuti perchè si dori bene e formi una prima crosticina.
Infornare nella teglia con la marinatura, aggiungendo ancora un filo d’olio.
Far cuocere una prima ora ben coperto di alluminio, perchè “sudi” senza asciugare.
A questo punto aggiungere il vino e far cuocere scoperto per altri 30/40 minuti, per stinchi molto grossi anche un’ora.
Durante questa seconda fase di cottura, nel mio forno è successo il finimondo: schizzi ovunque, non vi dico quanto ci ho messo dopo a pulire con bicarbonato e olio di gomito!
Dopo 10 minuti, anche se il danno ormai era fatto, l’ho quindi semplicemente ricoperto con un foglio di alluminio senza sigillarlo, in modo da contenere ulteriori schizzi.
E’ venuto benissimo anche così, quindi la prossima volta col cavolo che lo scopro 😉
Cinghiale al forno e polenta
Selvaggina: o la si ama o la si odia.
Di certo, questo tipo di carne ha un sapore intenso e caratteristico che può non piacere a tutti; tuttavia su di me ha sempre suscitato un certo fascino, anche perchè a casa mia raramente veniva preparata.
Perfetta per le giornate fredde, la associo ai pranzi montani in rifugio, in cui scaldarsi a suon di polenta mentre fuori dalla finestra tutto è candido.
La preparazione è un pò lunga ma se vi piace questo piatto ne vale la pena.
Ingredienti:
un bel pezzo di costata di cinghiale (1,5 kg)
una bottiglia di vino rosso corposo
aromi misti
pepe in bacche
un cucchiaio scarso di fecola di patate
80 ml panna da cucina
50 ml latte
olio qb
sale qb
per accompagnare
polenta istantanea
acqua
sale
Il primissimo passaggio, molto importante perchè serve a togliere l’eccessivo sapore di selvatico tipico della selvaggina, è la marinatura: dopo averla sciacquata sotto l’acqua corrente, adagiare la carne in una pirofila di vetro, aggiungere gli aromi (io alloro, rosmarino e bacche di peppe nero) e ricoprire tutto con del robusto vino rosso. Ne servirà una bottiglia.
Sigillare con pellicola per alimenti e riporre in frigo per minimo 12 ore.
A marinatura conclusa, filtrare e tenere da parte il liquido, asciugare la carne con un pezzo di carta assorbente, salarla e rosolarla in padella con un filo d’olio.
Quando è ben dorata abbassare la fiamma e far cuocere 30 minuti, girando spesso la carne e scottando bene anche i lati.
Disporre in una teglia, con il sughino formatosi in padella, aggiungere un bicchiere del liquido della marinatura e mettere in forno a 180 gradi.
Far cuocere per 90 minuti, bagnando ogni venti con un bicchiere di marinatura, in modo che la carne non asciughi troppo.
A cottura terminata tagliare a fette, tipo arrosto, e tenere in caldo nel forno mentre si prepara una salsina: mettere in un pentolino il sugo di cottura rimasto nella pirofila, aggiungere fecola e panna e portare il tutto a ebolizione. Stemperare poi con il latte fino a ottenere la densità desiderata, aggiustando di sale e pepe.
Ho accompagnato tutto con una polenta taragna (ho usato quella istantanea, lo ammetto, ma dopo il lavoro notevole della carne mi sono voluta semplificare la vita 😀 ).