Cannella e Confetti

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Crostata di riso con verdure al forno e stracciatella

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“Ma tu mi ami?”chiese Alice.
“No, non ti amo.” rispose il Bianconiglio.
Alice corrugò la fronte ed iniziò a sfregarsi nervosamente le mani, come faceva sempre quando si sentiva ferita.

“Ecco, vedi? – disse il Bianconiglio – Ora ti starai chiedendo quale sia la tua colpa, perché non riesca a volerti almeno un po’ di bene, cosa ti renda così imperfetta, frammentata. Proprio per questo non posso amarti. Perché ci saranno giorni nei quali sarò stanco, adirato, con la testa tra le nuvole e ti ferirò. Ogni giorno accade di calpestare i sentimenti per noia, sbadataggine, incomprensione. Ma se non ti ami almeno un po’, se non crei una corazza di pura gioia intorno al tuo cuore, i miei deboli dardi si faranno letali e ti distruggeranno. La prima volta che ti ho incontrata ho fatto un patto con me stesso: mi sarei impedito di amarti fino a che non avessi imparato tu per prima a sentirti preziosa per te stessa. Perciò Alice no, non ti amo. Non posso farlo.“

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Questa torta salata non convenzionale può essere consumata come antipasto, primo piatto o piatto unico. E’ adatta inoltre a vegetariani e celiaci.
Ricetta adattata dalla crostata di riso di Timoebasilico.

Ingredienti
per la base
250 gr di riso arborio
3 uova
70 gr di parmigiano reggiano
circa 20 olive verdi denocciolate
sale e pepe qb
burro
pangrattato (farina di riso per la versione gluten free)
per la guarnizione
tre zucchine
mezzo mazzo di asparagi
una ventina di pomodorini cherry
timo semisecco
erbette di provenza essiccate
olio EVO
pepe multibacca
sale
300 gr di stracciatella

Lessare il riso al dente in acqua bollente salata (15 minuti) e scolarlo sotto l’acqua fredda.
Tritare le olive e mischiarle al riso.
Sbattere le uova con il sale e il pepe. Grattuggiare il parmigiano e aggiungerlo.
Mischiare il riso con il composto di uova e amalgamare bene.
Imburrare una tortiera (per me rotonda con diametro 22 cm) e cospargerla di pangrattato. Creare uno strato uniforme con il riso e cuocere in forno a 180 gradi per circa 35-40 minuti.
Lavare bene tutte le verdure (mantenere i piccioli sui pomodorini).
Tagliare le zucchine a bastoncino, gli asparagi – privati delle basi più coriacee – in tre parti e lasciare i pomodorini interi. In una ciotola condire ciascuna verdura separatamente con sale, pepe, erbe aromatiche e olio EVO.
Disporre, sempre separatamente, su una teglia rivestita di carta da forno e cuocere per circa 20 minuti a 200 gradi in forno statico.
Sfornare la base e far intiepidire.
Guarnire con la stracciatella e disporvi sopra le verdure al forno.

Note:

  • la crostata di riso con verdure al forno e stracciatella si può preparare anche in anticipo, se necessario, avendo cura di riscaldare leggermente la base prima di servirla e guarnendola solo all’ultimo
  • la base ha un gusto molto delicato, che può essere arricchito usando percorino al posto del parmigiano oppure aggiungendo capperi o pomodori secchi al trito di olive
  • al posto della stracciatella è possibile usare – a crudo – ricotta di bufala o mozzarella di bufala a pezzetti, oppure provolone dolce o scamorza (in questo caso passare la crostata altri due minuti in forno per far sciogliere il formaggio)

Filed Under: antipasti, piatti unici, ricette, secondi, verdure

Polpette di sgombro e ricotta, al sugo di pomodoro

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A chi non è capitato di aprire la porta di casa, la sera, con la sola voglia di sprofondare tra le coperte senza nemmeno passare dalla cucina?
“Ho avuto una pessima giornata“. Quante volte, messo piede tra le mura domestiche, lo diciamo a voce alta?
In cerca di comprensione, come lamento, per sfogo.
Quante volte la giornata è stata davvero pessima? Sappiamo realmente cosa significa?
Il lavoro che ci vessa, il dentista, le bollette, la coda in autostrada.
La discussione con la migliore amica, il kg in più sulla bilancia, la telefonata che non arriva.
Non lo puoi neanche lontanamente immaginare.
Non sai minimamente come può essere una giornata, quando è pessima.
Sotto quale treno finirai. Quanta fatica ti costerà respirare ancora.

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Ingredienti
per le polpette
250 gr ricotta sgocciolata
195 gr sgombro affumicato (3 scatole da 65 gr l’una)
un uovo
4 cucchiai di pangrattato
sale e pepe qb
per il sugo
400 gr polpa di pomodoro
una cipolla bianca
olio EVO
sale qb
peperoncino (facoltativo)

Lasciar sgocciolare la ricotta in una ciotola, rovesciata su dei fogli di carta assorbente da cucina.
Scolare accuratamente lo sgombro dal suo olio di conservazione, poi schiacciarlo bene con una forchetta. Mischiarlo alla ricotta, aggiugere l’uovo e il pangrattato (a seconda dell’umidità della ricotta utilizzata potrebbe servirne di più o di meno, regolatevi in base alla consistenza che assumerà il composto). Salare e pepare.
Nel frattempo far imbiondire la cipolla, tagliata sottilissima, in un pentolino con l’olio caldo, a fuoco moderato. Aggiungere polpa di pomodoro, mezzo bicchiere d’acqua, sale e peperoncino, se lo gradite.
Lasciar cuocere una ventina di minuti.
Formare tante polpette grandi come noci e disporle su un foglio di carta da forno.
Porle delicatamente nel sugo e lasciarle cuocere 10/15 minuti, avendo cura di non schiacciarle troppo e voltandole con delicatezza. Servire calde.
Perfette se accompagnate da una polentina morbida o del purè.

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Polipo e verdure croccanti su crema di patate al peperoncino

by 52 Comments

Come sempre, prima della ricetta divago.
Se siete venuti soltanto per il polipo, di cui vi do un’anteprima, scorrete un pò più in giù.

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Non lo sentiranno, ma farà caldo. Parecchio caldo, quegli onesti 38 gradi.
Ma sono psicologicamente pronta a sopportarli.
E sono tremendamente pronta ad emozionarmi per loro e con loro.
Per un legame che ho visto sbocciare, crescere, splendere. Una storia che ora compie un passo importante.
Per due amici che ci hanno voluti presenti, nel giorno più bello della loro vita. E continuo a pensare che un invito del genere sia un attestato di affetto profondo e sincero, di cui essere grati con il cuore.
Sto facendo training autogeno per riuscire a non commuovermi quando gli leggerò le parole di augurio che mi hanno teneramente affidato, le prime di nuova vita insieme.
Ci proverò, farò del mio massimo davvero. Ma non prometto di riuscirci.
Già di mio ho un’indiscriminata lacrima facile, e questo è noto. In più per i matrimoni vado in totale brodo di giuggiole, perdendo di buon grado ogni dignità.
Io, che passo ancora le ore girovagando on line tra le ultime collezioni di vestiti da sposa, anche se il mio abito bianco l’ho indossato ormai ben sei anni fa. E durante le celebrazioni mi si rigano matematicamente le guance allo scambio delle promesse (e anche in numerosi altri passaggi della cerimonia, vabbè).
All’ingresso della sposa, io fisso lui. Torno con la mente a chi mi aveva detto: “quando entrerai in chiesa, l’unica cosa da fare per mantenere la calma è NON guardare Fabio. Se lo fai è la fine.”
E invece proprio quello ho voluto fare, al primo passo posato sul tappeto rosso. Felice di non aver ascoltato un consiglio, tanto per cambiare.
Perché quel giorno ero lì per lui e nessun altro, e quell’espressione in volto, così contrita dall’emozione, non so se gliela rivedrò mai. E allora l’ho fermata.
Me la tengo nel cuore, ancora attuale, viva e completa di ogni dettaglio.
Non potevo ricevere regalo più prezioso di quegli occhi pieni di brivido.
Uno sguardo attraverso il quale auguro a Simone e Mari di guardare tutte le prime esperienze da marito e moglie. E quelle successive, le più quotidiane.
Perchè quel pathos profondo, quel palpito tra loro saprà rendere speciale ogni sfumatura di una nuova, meravigliosa, vita a due.
Oltre ogni torto e ragione, oltre ogni difficoltà o errore.
Vogliatevi bene, ma bene di brutto, ragazzi.

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Ingredienti
antipasto per 4, piatto unico per 2 persone
400 gr polipo
una patata grande
una zucchina
una carota
latte qb
peperoncino
olio EVO, sale e pepe
foglie di rosmarino

Lessare il polipo (il mio era congelato), scolarlo, lasciarlo raffreddare leggermente e tagliarlo a bocconcini.
Cuocere a vapore la patata a pezzetti (per me 5 minuti nel microonde), farla intiepidire poi frullarla con sale, pepe e peperoncino a piacere. Aggiungere mano a mano il latte, continuando a frullare, fino a ottenere una crema piuttosto consistente.
Tagliare la zucchina e la carota a striscioline di circa 5 centimetri, spadellarle velocemente in una wok caldissima con solo un filo d’olio e sale.
Passare il polipo a pezzetti nella stessa padella leggermente unta, salarlo e peparlo. Tenerlo da parte e farlo intiepidire. Nel frattempo comporre il piatto.
Adagiare sulla base del piatto un paio di cucchiai di crema di patate, qualche striscia di zucchine e carote, i tocchetti di polipo e ancora qualche verdura.
Completare con un giro d’olio e un rametto di rosmarino in superficie.

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Salmone al pepe e lime con carote arrosto al rosmarino

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Quante volte siamo capaci di innamorarci in una vita sola?
Non parlo (solo) di occhi magnetici e parole dolci capaci di farti perdere la ragione e il sonno.
Nemmeno delle benedette rinascite che seguono – prima o poi – le delusioni di cuore.
Che tutte siamo incappate in un bastardo una volta nella vita, o peggio siamo state annientate da un amore che sembrava incantevole e perfetto ma se n’è fregato della sua magia; lui proprio non ha voluto funzionare, senza che la colpa fosse in fondo di nessuno.
Innamorarsi è cedere al fascino che ha l’emozione di una giornata qualunque.
Riconoscere i tuoi gesti in quelli di tua madre, le tue premure per lei in quelle che lei stessa riserva alla sua.
Concentrarti su un particolare che rende le stanze che abiti ogni giorno casa tua.
La forma delle Sue orecchie che conosci bene da poterla disegnare, il Suo timbro di voce la sera quando ha sonno. Il modo che avete di tenervi per mano anche in macchina.
Un medico che finalmente capisce come stai. Non tanto che cos’hai, che la diagnosi è poi semplice, ma come ti senti. Quello vale parecchio di più.
Tu in cucina la domenica a fare colazione, quando tutto intorno è luce, e silenzio, e bene. E tra i biscotti della scatola di latta che ti tende papà si materializza la pace ingenua di quando eri bambina.
Quel fiore fuxia che cresce tra le sterpaglie nel campo vicino casa, le more al sapore di asfalto e nafta vicino alla fermata della metro. Ogni mattina passando ti stupisci di trovarle ancora lì, vigorose ed eroiche.
L’abbraccio a tua sorella appena sveglia, che ti riporta a quando avevi meno kg e meno anni.
Un cielo un pò più azzurro del solito, che forse sei semplicemente più celeste tu.

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Ingredienti:
2 tranci di filetto di salmone
due lime
sale rosa
pepe multibacca
6 carote medio-piccole
olio EVO
rosmarino fresco

Rimuovere le squame dalla pelle del filetto ed eliminare il più possibile le spine con l’aiuto di una pinzetta.
Irrorare con il succo di un lime spremuto direttamente sul pesce, pepare generosamente e lasciar marinare una decina di minuti.
Salare e disporre il lime tagliato a fettine sulla superficie dei filetti; riporre in una teglia rivestita di carta da forno e cuocere a 200 gradi per 25 minuti.
Pelare interamente le carote e cuocerle a vapore (io in microonde per una decina di minuti).
Spennellarle con olio EVO e disporle in fila in una teglia; distibuirvi sale grosso e rosmarino a piacere ed infornare insieme al salmone.

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Filed Under: ricette, secondi Tagged With: pesce, ricette leggere

Maiale caramellato al miele e soia con sesamo e basmati

by 34 Comments

Spararsi 8 km a piedi per tornare a piedi dall’ufficio in un torrido pomeriggio in cui il termometro segna 30 gradi tondi tondi (all’ombra, of course): direi che può essere a tutti gli effetti considerato uno sport estremo.
Tra sensazione di appiccicaticcio e testa che gira che neanche sul Tagadà (ci andavate anche voi, dai), la parte più complicata da gestire rimane l’attraversamento via di kebabbari e gastronomie arabe.
Quegli effluvi di carne d’agnello rovente e mix speziati sono deliziosamente invitanti a dicembre, ok. Ma ora cozzano parecchio con gli smoothies profumatissimi che brami dal primo metro di asfalto a un passo dalla liquefazione calpestato dalle tue All star.
Li sogni ma sogno restano dato che, non si capisce come e perchè, dallo scoccare dei 30 (anni, non gradi) il tuo stomaco di piombo si è trasformato in cristallo.
Tu, che da Mc Donald’s intingevi senza fare una piega le patatine nel milkshake polare, prima di tornare a casa e pranzare. Ora niente smoothie se non hai un bagno decente nei paraggi.
E a ogni spiffero d’aria controlli che la maglietta ti copra bene tutta la pancia, anche a giugno che non si sa mai, alla faccia degli anni 90 e del loro ombelico perennemente di fuori.
Tu, fantasma della me sedicenne, se questo è il tuo modo di vendicarti degli stravizi alimentari che ti ho inflitto per anni ricordati che siamo una cosa sola. Proprio come quelle patatine e quel milkshake, ordinati sempre rigorosamente in coppia.

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Ingredienti:
400 gr di filetto o lonza di maiale
200 gr riso basmati
scalogno
semi di sesamo bianco
salsa di soia
miele
sale e pepe

Tagliare a piccoli pezzi la carne, eliminando il grasso.
In una wok, far soffriggere lo scalogno nell’olio EVO, poi aggiungere la carne, salarla e peparla e rosolarla bene.
In una pentola antiaderente caldissima, senza aggiungere grassi, far tostare i semi di sesamo.
Aggiungere i semi alla carne, poi anche la salsa di soia e il miele in uguali proporzioni e procedere alla cottura, a fiamma piuttosto vivace, mescolando spesso energicamente.
A parte, lessare il riso basmati in acqua bollente, nei tempi indicati sulla confezione. Scolare e tenere da parte.
Utilizzare il riso come base del piatto, completandolo con i bocconcini e irrorando con il sugo di cottura.

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Fagottini di pasta fillo con carne, feta e peperoni caramellati

by 28 Comments

Ci sono tentazioni a cui non so resistere.
Il mojito d’estate.
Il dolce a fine pasto.
Baciare le orecchie al mio cane.
Qualunque cosa profumi di cocco.
Accendere il forno con 28 gradi in casa.
Gli orecchini pendenti e gli abitini bianchi.
Accarezzare un bimbo in testa quando mi passa accanto.
Annusare il cuscino dei miei, quando vado a casa. Respirarli.
Le vacanze giramondo, anche quando “oh, quest’anno dobbiamo risparmiare“.
Chiudere in un cassetto il phon al primo raggio di sole (lo so – mami – mi verrà la cervicale).
Incrociare le dita ed esprimere un desiderio quando vedo tre numeri uguali in fila in una targa, un gioco che mi porto dietro dalle elementari.
Il finto shopping on line, in cui passo ore a selezionare scrupolosamente articoli da infilare nel carrello, anche se so che non cliccherò mai su “concludi ordine“.

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Da ultima, una tentazione invincibile è quella di modificare le ricette. Non ne seguo mai una dall’inizio alla fine.
Non è sfiducia, intendiamoci, nè tanto meno presunzione. E’ che la cucina mi stuzzica la fantasia.
Se mentre preparo un piatto mi viene un’idea su un tocco da aggiungere o una piccola modifica, non so resistere alla curiosità di provarci.
Quello che vi propongo dunque è il mio rifacimento di una delle ricette del mitico “Il gusto della terra“, il libro delle Bloggalline edito da iFood.
113 blogger desiderose di condividere, ciascuna con la propria ricetta, una passione e un progetto comuni. Idee nuove per preparare piatti originali ma replicabili, per scoprire ingredienti nuovi o abbinamenti insoliti.
E se ancora non vi basta, sappiate che tutte le autrici hanno deciso di devolvere il ricavato dei diritti d’autore all’Associazione Banco Alimentare. Perchè con il cibo non si scherza.

Domani, sabato 13 giugno alle ore 16.00, per assaggiare questa e altre ricette e chiacchierare insieme del libro e non solo, vi aspetto con tre care amiche a Casa Candy, in via San Marco 1 a Milano.
Ingresso libero, dresss code: sorriso!

Ingredienti:
400 gr di carne macinata di bovino
una confezione di pasta fillo
due peperoni rossi
100 gr di feta
uno scalogno
mezza cipolla rossa
sale e pepe
olio EVO

Prima di tutto preparare i peperoni, lavandoli e pulendoli dai semini e dagli scarti interni. Precuocerli quel tanto che basta da eliminare la pelle (io li ho messi nel forno a microonde per 4 minuti alla massima potenza, poi li ho chiusi per 5 minuti in un sacchetto di carta per farli “sudare” e li ho spelati facilmente). Tagliarli a striscioline.
Cuocerli in padella con mezzo scalogno, un pizzico di sale e un pochino d’olio. A cinque minuti dalla fine della cottura, bagnarli con un cucchiaio di aceto balsamico e una spolverata di zucchero di canna, alzare la fiamma e farli caramellare.
In una pentola antiaderente caldissima, senza aggiungere grassi, far tostare i semi di sesamo.
Soffriggere l’altra metà dello scalogno con un pochino d’olio e la cipolla rossa sminuzzata. Sgranare la carne trita con le mani e cuocerla in padella con il soffritto. Salare, pepare e aggiungere i semini.
Tagliare a cubetti la feta.
Comporre i fagottini di pasta fillo, tagliando dei quadrati e sovrapponendo due strati di pasta spennellandoli con un goccio di olio EVO.
Mettere al centro un pò di carne, tre striscioline di peperoni e qualche cubetto di feta.
Chiudere la pasta a fagottino premendo con le dita, poi infornare a 180 gradi per circa una decina di minuti. Servire caldi.

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Filed Under: antipasti, ricette, secondi

Turbanti di sogliola ripieni di porri e mandorle

by 38 Comments

La frenesia da collezione: una specie di eccitamento sensoriale, la venerazione simil religiosa di classi di oggetti – generalmente inutili o in disuso – che ci spinge ad accumularne senza freno per stiparli a casaccio o disposti ordinatamente su mensole e scaffali.
Diciamolo, prima o poi ci siamo caduti tutti. E non parlo di baci rubati, amori sbagliati, delusioni, due di picche e gaffes, che sfido a trovare qualcuno che non ne abbia pieni i cassetti della memoria.
Alle elementari, se non collezionavi qualcosa eri uno sfigato.
Almeno le sorpresine dell’uovo Kinder, che infatti nel mio caso hanno aperto le danze: ma per essere preso in considerazione, minimo minimo, dovevi averne una trentina.

Ci ho provato eh, ad affezionarmi a qualcosa che avesse un pò più di spessore: il papà della mia tata, con la passione per la numismatica, mi aveva regalato un meraviglioso raccoglitore per le monete.
Era rosso, di pelle e rappresentava una sorta di reliquia per me. Peccato che costanza non sia proprio il mio secondo nome; dopo un primo periodo di dedizione l’ho conservato così, da esposizione.
Sono regredita invece alle schede del telefono, che mi inducevano a setacciare ogni cm delle cabine telefoniche, in perfetto stile accattona (non so come i miei abbiano potuto non ripudiarmi).

Con l’adolesecenza sono poi arrivati i terribili ciucci di plastica, di ogni colore e dimensione, e gli storici profumini, con le loro deliziose micro confezioni, in proporzione dieci volte più care dei classici erogatori.
E ancora spille da paninaro e braccialetti di ogni sorta si accompagnavano ad enfatiche dediche sul diario, TVB impressi a pennarello indelebile sull’Eastpak, mille mila cd masterizzati.

La verità è che io sono per il minimal, detesto l’accumulo e a casa mia sono banditi soprammobili e suppellettili varie. Gli unici a non salvarsi sono i cassetti della mia cucina.
Tra le mie eccezioni più care ci sono le ricette: stampate da internet, qualche ritaglio di giornale, fotocopie delle adorate grafie di mia mamma e perfino di mia nonna.
E poi le migliori, collezioni che non occupano spazio se non nel cuore: ricordi felici e grandi sogni per il domani, sorrisi di bambini e carezze di anziani, gli occhi di mia mamma che mi fanno sentire forte e i Suoi sguardi che mi fanno sentire bella.

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Ingredienti:
sei filetti di sogliola puliti
due porri medi
40 gr mandorle a lamelle
olio EVO
sale affumicato
pepe multibacca

Tagliare finemente i porri, rosolarli in padella con olio EVO, poi abbassare la fiamma, aggiungere un goccio d’acqua e farli stufare. Salarli a fine cottura.
In un pentolino antiaderente molto caldo, senza grassi aggiunti, far tostare le mandorle a lamelle fino a farle colorire.
Salare e pepare i filetti, disporre al centro un pò di porri e qualche lamella di mandorla, poi richiudere l’involtino su di sè e fermarlo con uno stuzzicadenti.
Disporre in una teglia, guarnire la cima di ogni turbante con alcune lamelle aggiuntive e completare con un filo d’olio EVO.
Cuocere in forno a 200° per 20 minuti.

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Piccola catalana di gamberi con cetrioli e mango

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Sono passati poco più di due anni da quando io e Lui abbiamo cambiato casa.
Ricordo bene gli scatoloni impacchettati poco alla volta, tra uno sbadiglio e un morso fugace alla cena, la sera dopo il lavoro. I tentativi di raggrupparne il contenuto con una certa coerenza, naufragati nel rendermi conto che uno scatolone esclusivamente riempito di libri e guide turistiche avrebbe spezzato la schiena del più pavido volontario. L’uniposca che elencava sul cartone lo sgangherato mix che lo popolava, anche se puntualmente la nota finiva sul lato sbagliato vanificando le mie buone intenzioni di praticità.
Quella nevicata di febbraio, il freddo che pungeva le guance e la fanghiglia che accompagnava ogni passo avanti e indietro per un cortile ancora parecchio “under construction“.
Il microonde arroccato in precario equilibrio su uno scatolone in cameretta, per scaldare la minestra del pranzo durante le due giornate di montaggio mobili: 48 ore passate con la scopa in mano e l’occhio vigile, a sventare danni (non vi spiego i brividi nel fermare il trapano a un dito dal muro, accorgendomi che i comodini stavano per essere fissati al contrario).
Una bella avventura, sicuramente. Però – mi ero detta – prima del prossimo trasloco devono passare minimo dieci anni. E invece eccomi qui, a impacchettare pensieri e speranze, ricette di famiglia ed esperimenti più o meno azzardati, foto sghembe, emozioni scritte in punta di tastiera per non far troppo rumore, che il mio cuore ha il subbuglio facile.
A salutare le pareti che mi hanno accolta quando non sapevo nulla, nemmeno quanto mi sarei fermata. Quante cose non riuscivo ancora a leggere del mondo e dentro me stessa, quanti cuori “vicini di casa” non potevo nemmeno immaginare di incontrare.
Mi trovo a lasciare qualcosa che è stato mio, decisamente lontano dalla perfezione ma di indescrivibile valore perchè costruito a piccoli passi del tutto da me. Che so bene che resterà eternamente speciale e saprà sempre provocarmi un brivido. Come mi accade tutt’oggi passando davanti alla casa in cui sono nata, a Pavia, fissando la finestra in cui mi aspetto di scorgere ancora quella tenda a palloncini che mi proteggeva nella mia cameretta.
A guardare con il cuore in gola e gli occhi che brillano una nuova casa, a immaginarla prendere forma, vestita giorno dopo giorno di nuove sensazioni,  fotogrammi di cucina e di amore, pezzetti di vita.
Io ve la apro subito questa porta, che nella pelle non ci so più stare.
Vi accolgo ancora non del tutto in ordine, come un’ospite in ciabatte, ma con la stanza che profuma di pulito, il mio dolce preferito in forno e un aperitivo leggero sul tavolo.
E la cosa che più mi fa sentire già a casa, è la certezza che voi mi accettate anche così.

Piccola catalana di gamberi con cetrioli e mango

Ingredienti:
400 gr gamberi
5 piccoli pomodori sardi
mezzo cetriolo
qualche spicchio di mango
olio EVO
sale rosa
pepe multibacca

Lessare i gamberi, puliti e sgusciati, per pochi minuti in acqua bollente.
Lavare i pomodori, privarli dei semi e tagliarli a piccoli cubetti lasciandoli scolare su un paio di fogli di carta assorbente.
Tagliare a cubetti anche il cetriolo, eliminando la striscia centrale di semi e il mango sbucciato.
Unire le verdure ai gamberi, condire con olio, sale e pepe. A piacere aggiungere un paio di foglie di menta per profumare.
Riporre in frigorifero almeno mezz’ora, perchè il tutto si insaporisca. Prima di servire, lasciar riposare 5-10 minuti a temperatura ambiente, poi versare in bicchieri o coppette di vetro, guarnendo eventualmente con uno spiedino realizzato con un gambero e i cubetti di verdura.

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Tartare di spada con riso venere, verdure croccanti e salsa ai peperoni arrosto e yogurt

by 46 Comments

Morbidezza sono le lenzuola di flanella, le orecchie del tuo cane, le nuvole che sembrano panna montata. Il sorriso di un bambino in metropolitana, un uomo che ti cede il passo tenendoti la porta, il piumone nelle prime notti d’inverno. La pelle dei neonati, i ricordi d’infanzia, il tocco delle mani di tua madre sui capelli.
Lo impari nel rapporto con gli altri, che qualche attenzione in più coltiva gli affetti meglio di qualsiasi fertilizzante, li rende sani e rigogliosi e gli consente di rifiorire costantemente. Mai uguali e sempre bellissimi. Sai anche che questa cura spesso non sarà ricambiata, ma ne vale ugualmente la pena: amare ti rende la vita morbida.
Lo impari dagli uomini, che accarezzare gli spigoli non piace quasi a nessuno.
E quando marito scherza con le tue costole non sa che, anche se sei in fissa con la magrezza, spesso hai invidiato qualche curva in più al posto giusto.
Lo hai imparato sul lavoro, che la rigidità non paga e gli atteggiamenti troppo spigolosi non si addicono alle persone intelligenti, solo a quelle frustate. E sole.
Che equilibrio, educazione e un approccio lucido e pacato risolvono già il 50% di qualsiasi problema.
E la durezza della vita non giustifica gli errori, nè le mancanze.
Papà e mamma da piccola ti davano della talebana: bianco o nero e non esistono vie di mezzo. Certo morbida non lo eri affatto, nè nei giudizi nè su quelle gambe da ragnetto. Che chi non ha il coraggio di prendere una posizione non ti è mai piaciuto nemmeno un pó.
E ironia della sorte, oggi ti trovi a volte a litigare con Lui, che fatica a concepire come qualcuno possa ritenere corretta l’idea opposta alla sua.
E tu ogni tanto gli scalpelleresti quella testa intelligente eppure così di pietra, che immediatamente ti ha conquistata, per smussarne un pó gli angoli.

Ma a suon di craniate, siete cresciuti e migliorati insieme. E il suo cuore, quello hai imparato come ammorbidirlo… o forse, è venuto tutto da sè e tu non hai dovuto fare proprio nulla.

 

Ingredienti (per due porzioni)
100 gr pesce spada freschissimo
200 gr riso venere
una piccola zucchina
una piccola carota
metà della scorza di un limone piccolo
un cucchiaino di salsa di soia
olio EVO
pepe multibacca
Per la salsa
4 filetti di peperone grigliato
un cucchiaio di yogurt bianco intero
un cucchiaio di olio EVO 
sale affumicato
pepe multibacca

Cuocere il riso venere mantenendolo al dente. Scolare e raffreddare sotto l’acqua, come per un’insalata di riso.
Grattuggiare molto finemente la zucchina e la carota, aggiungerle al riso insieme a un cucchiaio di olio EVO, le zeste di limone e un paio di pizzichi di sale (deve rimanere una base piuttosto neutra profumata dal limone).
Mentre il riso insaporisce, preparare la salsa: frullare i filetti di peperone grigliato, privati della pelle, con lo yogurt, l’olio, il sale e il pepe.
Tagliare a piccoli cubetti il pesce spada e condirlo con un cucchiaino d’olio, uno di salsa di soia e del pepe.
Comporre il piatto con l’aiuto di un coppapasta, formando una base di riso venere, aggiungendo la tartare in cima e un paio di cucchiai di salsa come decorazione del piatto.


 

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Millefoglie di bufala, pomodoro costoluto, acciughe e pesto leggero

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Esistono accoppiate inscindibili.
Quelle di comodo, stivali di gomma e ombrello, la coda di cavallo quando non hai fatto lo shampoo, Biancaneve e i sette nani (mica male avere non uno, non due, ma ben sette servi), il cavo per ricaricare l’iPhone sempre in borsa.
Quelle amore/odio, tipo la libertà del motorino e il fastidio dei capelli arruffati, le scarpe bellissime che fan venire le vesciche, il sale sulla pelle che tira sotto il sole, gli impegni piacevoli che costringono a svegliarsi presto il sabato mattina.
Quelle storiche, l’alfa e l’omega, la chitarra e la Canzone del sole, il settebello nei mazzi di carte, la Divina Commedia e i banchi del liceo.
I romantici intrecci: la cucina fusion, i capi vintage tra classico e moda, la bellezza dei mulatti (confesso, sono innamorata del bimbo unenne della mia vicina).
E poi le mie preferite, le coppie gourmet.
La birra (o la Coca) e la pizza. Che una fetta va giù anche con l’acqua, ma per una intera ci vogliono le bollicine.
I popcorn al cinema. Certo, puoi vedere un film senza, ma qualcosa vorrà dire se accanto alla poltrona c’è anche il posto per infilare il cartone e non doverlo reggere tra le mani.
Il gelato a metà pomeriggio in spiaggia (in Liguria ovviamente convertito in focaccia). Ditemi, è legale non fare merenda, durante la partita a carte sotto l’ombrellone?
Ecco, io e te gareggiamo in questa categoria.
Non solo perchè siamo cintura nera di forchetta e coltello, nè perché siamo entrambi dolci e amari.
Siamo polenta e gorgonzola, il burro con la salvia, la cioccolata calda con la panna.

Non rinuncerei alla fetta d’arancia nello spritz.
Non rinuncerei allo zucchero a velo sul pandoro.
Il mio gusto si esalta con il tuo.
Ingentilisci le mie note predominanti.
Arricchisci di sfumature le mie esperienze.
Esalti il gusto delle cose.
Dai sapore alla mia vita.
Non rinuncerei a te.

 

 

Ricetta velocissima da dividere, come antipasto, o consumare come piatto unico. Inutile specificare che in questo piatto dalla complessità inesistente, la qualità degli ingredienti determina totalmente il risultato.

Ingredienti:
250 gr mozzarella di bufala campana
un grosso pomodoro costoluto (o due piccoli)
qualche acciuga del Cantabrico
qualche foglia di basilico fresco
una decina di pinoli
olio EVO

Se la mozzarella era in frigo lasciarla a bagno, ancora nel suo involucro, in una ciotola con acqua a temperatura ambiente per circa 10 minuti.
Frullare il basilico lavato con i pinoli tostati e l’olio EVO. Lasciare l’emulsione piuttosto liquida, a metà tra un olio aromatizzato e un vero e proprio pesto.
Lavare il pomodoro e ricavarne delle fette orizzontali piuttosto sottili.
Tagliare anche la mozzarella e cominciare a comporre la millefoglie sovrapponendo alla mozzarella, in ogni strato, un pò di acciuga tritata, una fetta di pomodoro e qualche goccia di pesto. Gli ingredienti sono già naturalmente saporiti perciò il sale è superfluo, a piacere aggiungere un pò di pepe.
Fermate tutto con uno stecco da spiedino.

Filed Under: antipasti, piatti unici, ricette, secondi

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Cannella e Confetti

Margherita Daverio, alias Cannella e Confetti.
Classe '84, vivo a Milano e faccio la PR.
Per me cucina è carattere, brivido e poesia.
Sognatrice ad occhi aperti ed eccessiva negli affetti, vivo di istanti e di istinti.
Mi tengo stretta la famiglia, gli errori e i ricordi. Guardando sempre avanti, che la vita non si ferma. E tanto meno io.

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