Cannella e Confetti

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PANETTONE CON UN CLICK: IL RE DELLA TAVOLA DI NATALE, A DOMICILIO

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Un’istituzione vera e propria della tradizione gastronomica lombarda, nonchè il re indiscusso della tavola delle feste: parliamo di lui, il panetùn.
Dolce simbolo della pasticceria meneghina, ha origini che rimandano a diverse storie – più o meno romantiche – ma quel che è certo è che già nel 1500 comparivano tracce sicure della sua presenza.
La profumata cupola lievitata, impreziosita da uvette e canditi, oggi è diffusa e reperibile quasi in tutto il mondo… eppure nessuno ne assaporerà una fetta con uguale trasporto e la stessa dolce nota malinconica dei milanesi.
Nell’incertezza del Natale che ci aspetta, quindi, tra i miei punti fermi c’è proprio lui: mr panettone.
Resta solo da scegliere quale quali acquistare e darmi da fare con l’ordine. Sono certa, quest’anno andrà particolarmente a ruba… abbiamo tutti voglia di quella tradizione che profuma di normalità.

I CLASSICI

Clivati

Nel laboratorio di Clivati, da oltre 50 anni, lievito madre e materie prime di altissima qualità si trasformano in sontuosi panettoni.
Ma anche il classico si innova e quest’anno in particolare lo fa attraverso il panettone al Vermouth e zenzero. Un candito più unico che raro, quello di Vermouth bianco Mancino, ottenuto attraverso una tecnica innovativa che per me resta fascino e mistero.
Insieme a lui, per i golosissimi come me ci sono anche tre versioni da sogno: la tre cioccolati, la marron glacè e la caffè e amaretto.
Si ordina attraverso il sito, via email o per telefono. Le spedizioni sono attive in tutta Italia e nel mondo.

Martesana

cannellaeconfetti_panettone_martesana

Archiviato il classico, con cui non si sbaglia mai, vengo attratta come un’oasi nel deserto dalla versione speciale 2020 al pistacchio e cioccolato, la veneziana ai marron glacès, lo “strudel” (con mela candita aromatizzata alla cannella e da uvetta immersa nel marsala) e il Panetùn de l’Enzo, capolavoro farcito di marmellata di albicocche e copertura fondente (praticamente gusto sacher).
Posso dire senza alcun imbarazzo che non avrei alcuna difficoltà a mangiarli tutti e tre, da sola (ho mangiato più volte una torta intera per cena senza sforzi, ai tempi gloriosi dell’università).
E dato che – soprattutto quest’anno – dovremmo aver imparato che l’egoismo ci fa male alla salute, perchè non partecipare al “Panettone Sospeso”? Per ogni panettone acquistato all’interno dell’iniziativa, uno sarà offerto dalla pasticceria.
Per ordinare il vostro panettone preferito, usate il loro nuovo e-commerce.

Cucchi

cannellaeconfetti_panettone_cucchi

Un’altra firma classica della pasticceria milanese è senza dubbio quella di Cucchi, elegante meta dei golosi della città eletta Locale Storico d’Italia dal 2002. Qui il lievito non smette mai di essere rinfrescato: il panettone è infatti disponibile tutto l’anno.
Oltre alla versione classica si può scegliere quella con crema di marron glacé canditi, leggermente alcolico, quello solo uvetta e moscato e le varietà decorate.
Si puà acquistare e regalare attraverso la piattaforma Cosaporto.

YOUNG, WILD, FREE

	cannellaeconfetti_panettone_pavè

Pavè
Oltre alle versioni classica e al cioccolato, Pavè offre un’idea carina e ormai abbastanza gettonata anche come piccolo gift: quella dei “Panettoni per Due” (o per un single con tanta fame) preparati in vasocottura. Ben 5 diversi gusti: amarena e pasta di mandorle, caffè e cioccolato biondo, limone e gianduia, grano saraceno, pera candita e lampone e quattro cioccolati.
I panettoni si ordinano sul sito e si possono spedire in Italia e Europa. A Milano e hinterland la consegna è gratuita.

Ile douce

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Una pasticceria francese a regola d’arte, di quelle che appena varchi la soglia ti senti con un piede sugli Champs-Élysées, che sforna panettoni? Ebbene sì.
E – potrei metterci la mano sul fuoco – li prepara a regola d’arte, come tutto quello che i pastry chef de l’Ile douce sfornano quotidianamente.
La novità di quest’anno è poi il pandoro, tradizionale a 5 fasi di lievitazione, preparato con le stesse materie prime d’eccellenza del panettone.
Entrambi disponibili da 1 kg e in vasocottura da 280 gr circa, ordinabili a domicilio sul nuovissimo shop on line della pasticceria.

GLI STELLATI

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Cracco
Partiamo da Milano con il panettone di una delle istituzioni gastronomiche della città. La versione classica è affiancata dal panciliegia, preparato con i frutti della tenuta di famiglia, e quella golosissima all’albicocca e cioccolato.
Tutte vendute in una raffinata confezione di latta (un mio grande debole!) sullo shop dedicato.

Berton
In attesa di tornare a godermi il suo inimitabile menù brodi (io che il brodo classico lo detesto!) perchè non dare fiducia alla stella Michelin regalandosi il suo panettone?. Ottime materie prime e nessun conservante, semilavorato, aroma, grasso vegetale.

Cannavaciuolo
Un’intera linea di panettoni dalla lavorazione artigianale con “pirlatura” manuale: oltre al classico, il gianduia, il limoncello e il Vesuvio, guest star dei lievitati, farcito con crema di limone e scorze d’agrumi e glassato al cioccolato bianco con pezzetti di albicocca.

Cambiamo regione (non colore): l’outsider piemontese
Se l’hai provato non lo dimentichi: parlo del ristorante di Matteo Baronetto dello storico ristorante torinese “il Cambio”. E la sua pasticceria non è di certo da meno. Nell’attesa di potersi spostare tra regioni, per fortuna c’è lo shop on line.

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Chocolate rolls

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Essere creativi è la voce più divertente del verbo cucinare.
Materializzare sogni, la più tangibile del verbo inventare.
Apprendere, la più costruttiva del verbo sbagliare.
Rialzarsi, la più benaugurale del verbo fallire.
Comprendersi, la più spontanea del verbo essere famiglia.

Rendersi felici, supportarsi, costruire, completarsi, fidarsi, avere coraggio, pianificare, credere… sono tutte voci fondamentali dello stesso verbo (o almeno di come lo idealizzi tu). Sempre coniugate a due.
Eppure, tra queste ancelle manca la regina.
Quel miscelarsi di difesa, cura e custodia. Proteggere.
Per me è questa, senza mezzi termini, la voce più intensa e commovente del verbo amare.
E lo stesso, forse ancor di più, vale per la costola da cui ha origine: amarsi.

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Questa ricetta viene da casa di una delle più care amiche conosciute virtualmente attraverso la passione della cucina ed entrate con grazia a piè pari nella mia vita, quella “vera”.
E’ stata colonna sonora di alcune ore della sua attesa, la più dolce che si possa vivere. Rifarla, è stato un pò come vivere trepidamente questo momento accanto a lei.

Eccola di seguito, solo leggermente modificata in base alle mie disponibilità di ingredienti e attrezzatura

Ingredienti
400 gr farina tipo 2
250 gr latte parzialmente scremato
35 gr lievito madre secco
70 gr zucchero di canna + 2 cucchiai
un pizzico di sale
80 gr burro
la scorza di mezzo limone biologico
100 gr cioccolato extra fondente
100 gr cioccolato al latte

Nella ciotola dell’impastatrice versare farina setacciata, pizzico di sale, zucchero, lievito, scorza di limone grattuggiata e latte tiepido. Lavorare velocemente per amalgamare il tutto.
Aggiungere il burro a temperatura ambiente, tagliato in piccoli pezzi, facendo incorporare il precedente prima di aggiungerne uno nuovo.
Lavorare il tutto per 15-20 minuti con il gancio impastatore. L’impasto dovrà risultare liscio e ben elastico, si staccherà dalle pareti della ciotola restando ben incordato al gancio.
Con le mani, formare una palla, coprire la ciotola con la pellicola trasparente e lasciar lievitare nel forno spento con la luce accesa per almeno 4 ore.
Rovesciare l’impasto su un piano infarinato, stenderlo in forma rettangolare e ricoprire la superficie con i due cioccolati tritati grossolanamente e i 2 cucchiai di zucchero.
Bagnare i bordi con piccole pennellate d’acqua e arrotolare la pasta su se stessa, partendo dal lato lungo. Avvolgere il cilindro in pellicola trasparente (il mio era lungo, perciò l’ho diviso in due pezzi) e farlo riposare in frigorifero per almeno 30 minuti.
Tagliare i cilindri in fette di circa 2,5/3 cm e posizionarle adiacenti in una tortiera. Coprire nuovamente con pellicola e far riposare ancora per un’ora.
Cuocere in forno statico a 170° C per 30-35 minuti.

Le mie note
– le brioches si possono surgelare, basterà estrarle dal congelatore la sera prima e passarle un attimo in forno la mattina per gustarle soffici e con il cioccolato ben cremoso
– se preferite, potete disporre le rondelle di impasto singolarmente, in stampi da muffin imburrati e infarinati
– la prossima volta, vorrei provare a spalmare l’impasto con una buona crema di nocciole o della marmellata, al posto di utilizzare la farcitura di cioccolato in scaglie

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Bretzels (o pretzels) con farina di kamut

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Per scoprire cose nuove è indispensabile tornare alle origini.
Così, per impiegare questa attualissima farina, ho scelto una preparazione fortemente legata alle mie radici. A quella parte di cuore che vive in un paesino della Francia di meno di diecimila anime.
Con le sue case a graticcio, calde e pittoresche, i nidi di cicogna sui tetti e i fiori alle finestre. L’atmosfera che ha qualcosa di natalizio anche ad agosto.
Le origini della bretzel le rivendicano diversi luoghi, dalla Germania all’Alto Adige, ma per me è sempre stata esclusivamente simbolo dell’Alsazia.
Come merenda,  pranzo,  aperitivo… io a dir la verità le avrei mangiate volentieri anche a colazione, nonostante dovessero contendersi il primato con la baguette fresca spalmata di burro e un velo di confiture della zia.
Chiudo gli occhi, mordo e assaporo. Sento il croccante, subito dopo il morbido.
Rivedo la zia, che mi saluta con le lacrime agli occhi dopo una vacanza a casa sua, l’estate della maturità.
Quanto era stretto il cuore, durante quel viaggio in treno per Pavia.
Ricordo papà, e i picnic improvvisati nelle aree di servizio, sulla via del ritorno a casa. Estrae il suo coltellino svizzero, ci taglia il camembert da sbocconcellare insieme alle bretzel. Il telo militare di quando era ragazzo a farci da tovaglia.
Quanto ci piacevano da bambine, quei banchetti improvvisati.
Avevano il sapore dell’avventura e della serenità.
Avevano il sapore di qualcosa che non perderò mai.

Ingredienti:
per l’impasto
600 gr farina di kamut (QB Molino Grassi)
200 ml di acqua tiepida
50 gr burro
25 gr lievito di birra
un cucchiaino di sale fino
due cucchiaini di zucchero di canna
sale grosso
per cuocere
2,5 L d’acqua
due cucchiai di bicarbonato di sodio
un cucchiaio di sale grosso

Sciogliere il lievito in mezzo bicchiere d’acqua, insieme a un cucchiaino di zucchero.
Versare la farina in un recipiente, disponendola a fontana, insieme a zucchero e sale. Versarvi il lievito e impastare.
Aggiungere il burro fuso e continuare a impastare, fino a incordare bene l’impasto, per circa 10 minuti.
Dovrà essere omogeneo e abbastanza compatto.
Far lievitare per tutta la notte in una ciotola, coperta da un canovaccio, in un luogo tiepido.
La mattina riprendere l’impasto e dividerlo in otto porzioni. Dare a ciascun panetto la forma di un cordoncino, tenendolo più sottile alle estremità, e ripiegarlo fino a formare il tipico disegno delle bretzel.
Far lievitare le forme sulla teglia ancora per circa mezz’ora.
Far bollire l’acqua in una pentola capiente, al bollore aggiungere il sale e, una volta sciolto, il bicarbonato. Immergere una ad una le bretzel in acqua, lasciarle in immersione 45 secondi rigirandole di tanto in tanto e rimetterle con l’aiuto di una schiumarola sulla teglia.
Praticare dei tagli leggeri e non troppo profondi sul dorso di ogni bretzel con un coltello, senza schiacciare la forma.
Cuocere in forno statico preriscaldato a 220 gradi per 12/15 minuti.

Con l’impasto avanzato ho preparato anche alcuni panini, cotti esattamente con lo stesso procedimento (bollitura, incisione e cottura al forno).

Il kamut: qualche curiosità
Kamut è un nome commerciale che la società Kamut International ltd ha posto su una varietà di frumento registrata negli Stati Uniti, coltivata e venduta in regime di monopolio.
In Italia è importato solo da aziende autorizzate e può essere macinato solo da mulini autorizzati: tutti i prodotti che portano il marchio sono preparati e venduti sotto licenza.
Il kamut vanta un elevato contenuto proteico, in generale superiore alla media dei frumenti duri e teneri, e buoni valori di beta-carotene e selenio.
Per quanto riguarda le altre componenti qualitative e nutrizionali non ci sono differenze sostanziali rispetto agli altri frumenti.
Caratteristica interessante è lo scarso tenore di glutine.

Con questa ricetta partecipo al contest Blogger love QB di QB Molino Grassi e Nondisolopane

 

 

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Pizza bianca al tartufo

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Sabato ho finalmente visto il documentario a cui mia sorella ha lavorato nei mesi trascorsi in Grecia.
Ho apprezzato il lato estremamente umano e il taglio più sociale che politico che hanno dato al film. A mio parere lo rendono efficace e toccante in modo particolare. A tratti, straziante.
Sono rimasta sinceramente colpita dalle esperienze di solidarietà e mutuo soccorso che testimonia.
In un paese che ha fame, fame vera, ci si adopera ancora per il prossimo.
Anzi, lo si fa ancor di più.
Ci sono persone che rinunciano alle proprie pillole antitumorali per aiutare altri ammalati che non possono permettersi i farmaci. Si privano di cinque, dieci pillole del proprio blister perchè la loro speranza sia anche quella di chi altrimenti non sopravviverebbe.
Camminando verso casa dopo la proiezione ripensavo a una scena della nostra vacanza a New York, una mattina presto in cuistavamo passeggiando per le vie del quartiere, ancora stravolti dal fuso.
Abbiamo visto un ragazzo, zaino in spalla e fischiettio allegro, posare una ricca colazione da asporto accanto a un homeless riparato sotto a un ponteggio. Lui dormiva e non poteva sentirlo, ma il ragazzo con tenerezza lo ha apostrofato con un sentito “have a good day, man“.

Come non pensare poi in questi giorni a Genova, a tutti gli angeli che si sono rimboccati le maniche e calati nel fango per dare una mano, per salvare il salvabile e ricostruire l’irricostruibile.
Sono di Pavia e ho bene in mente l’orrore degli alluvioni, l’impotenza di fronte a una natura che si fa tanto violenta e implacabile.
E in mezzo a tutte queste riflessioni, come un martello pneumatico mi bussava alle tempie sempre lo stesso pensiero. Nessuno dovrebbe rinunciare al privilegio di aiutare gratuitamente gli altri.

 

Ingredienti:
500 gr di farina 00
250 ml di acqua tiepida
7 gr di lievito di birra
un cucchiaino di zucchero di canna
7,5 gr di sale
125 gr mozzarella fiordilatte
crema tartufo e funghi
olio EVO (per me ai porcini)
grana a scaglie qb

Unire le farine setacciate al lievito, aggiungere il sale (non unirlo al solo lievito) e poi gradualmente l’acqua, continuando a impastare con le mani o utilizzando l’impastatrice.
Al raggiungimento di un composto sodo ed elastico, dividerlo in tre palline di uguali dimensioni e metterlo a riposare in contenitori ermetici (o ciotole coperte da pellicola trasparente ben sigillata).
Far lievitare in un ambiente tiepido e buio; generalmente lascio lievitare sempre almeno sei ore, in questo caso sono arrivata a 24 perchè il tempo era dalla mia. In generale, sono fan delle lunghe lievitazioni che rendono la pizza molto più digeribile.
Riprendere l’impasto e stenderlo, lavorandolo un pò perchè sarà elastico.
Spalmare la crema di funghi e tartufo, distribuire la mozzarella tagliata a cubetti e completare con un pizzico di sale, un giro di olio EVO (nel mio ho lasciato in infusione per un annetto dei funghi porcini secchi, per renderlo aromatico) e una generosa aggiunta di grana in scaglie.
Far cuocere in forno statico a 220 gradi per 15 minuti.

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Muffin salati al pecorino nero, pomodori secchi e basilico

by 27 Comments

Sono sempre stata golosa, a livelli indescrivibili.
Fino ai 20 anni avrei potuto alimentarmi esclusivamente di dolci, senza alcuna fatica. A dire il vero, ai tempi dell’Università spesso l’ho fatto.
Vivi da sola, prepari la torta preferita di quando eri bambina (Mars e riso soffiato al cioccolato, mica bruscolini) e te ne scofani metà al posto della cena. Che mica vorrai correre il rischio di farla diventare moscia e vecchia.
Con il passare degli anni, con buona pace della mia glicemia, ho ridotto drasticamente gli zuccheri ma sono ancora attratta da alcune delle forme tipiche che assumono: brioche, crostate, plumcake e certo anche i muffin.
Forse ho ancora bisogno di ingannare la mia mente in qualche modo o, forse, subisco semplicemente il fascino dei contrasti.

I silenzi che urlano.
I brividi di caldo.
Le attese pazienti.
Il gelato salato.
Le compagnie in cui ti senti solo.
Il caos ordinato.
Gli abiti da sera portati con le sneakers.
I pianti di gioia.
Il ghiaccio che scotta sulla pelle.
La luce in fondo al tunnel.
Le scuole estive.
Il mal di pancia dal ridere.
Gli amici dei tuoi nemici.
I cibi dietetici.
I grassi buoni.
Le critiche costruttive.
Il segno del costume d’estate.
I baci che pungono.

Ingredienti:
200 gr farina
150 ml latte
100 gr pecorino nero in una sola fetta
50 ml olio EVO
3 uova
2 cucchiai di parmigiano grattuggiato
mezza bustina di lievito
una decina di pomodori secchi sott’olio
basilico qb
sale e pepe

Sbattere accuratamente le uova con il latte e l’olio in una ciotola.
In un altro recipiente, mischiare bene la farina, il parmigiano e il lievito.
Unire il composto secco a quello liquido, mescolando molto bene, aggiungere il pepe e il sale.
Unire il basilico tagliato a piccoli pezzi (io ho usato un coltello di ceramica, così la lama non ossida le foglie), i pomodori secchi asciugati con carta assorbente e il pecorino, tutto sminuzzato.
Mescolare e dividere negli stampini, riempiendoli per due terzi con il composto.
Cuocere a 180 gradi, forno statico, per 20/25 minuti.
Servire tiepidi; se si consumano il giorno dopo scaldarli qualche secondo a microonde perché tornino come appena preparati.

P.S. Mia sorella sostiene siano perfetti accompagnati dalla salsa rubra!

 

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Pan brioche sofficissimo

by 30 Comments

Si dice che l’attesa aumenti il desiderio… sicuramente, a me solletica l’acquolina!
Svegliarmi la mattina con il profumo del lievito che mi guida ancora sonnambula verso la cucina, dove nel forno mi attende una colazione soffice, amorevolmente impastata la sera prima e che ha riposato tutta la notte.
Guardare dal forno l’impasto che cresce, come una bambina dietro un vetro mentre fuori nevica. 
Sfornare e con il profumo ancora nelle narici uscire a correre con la musica nelle orecchie e un pò di carica in più, sapendo quale gratificazione mi aspetta a casa (lo so, non sono la regina della coerenza).
Questo pan brioche non è nè dolce nè salato, perciò va rigorosamente accompagnato a farciture saporite, siano creme spalmabili piuttosto che salumi… noi, inutile dirlo, abbiamo ceduto alla Nutella.

Ingredienti:
500 gr farina 00
150 ml latte
100 gr burro
50 gr zucchero
2 uova
25 gr lievito di birra
un pizzico di sale

Intiepidire appena il latte e sciogliervi il lievito. In una ciotola mettere lo zucchero, la farina setacciata, le uova intere e infine il latte.
Mescolare il necessario gli ingredienti, poi aggiungere il burro gradualmente a piccoli pezzi e e il pizzico di sale.
Lavorare una decina di minuti (io con la planetaria, gancio K, a velocità piuttosto bassa) o comunque il tanto che basta per ottenere un impasto elastico e morbido. Far riposare un’ora nella ciotola coprendola con un canovaccio.
A questo punto foderare uno stampo da plumcake grande con la carta da forno, adagiarci la pasta cercando di distribuirla bene nello stampo e far lievitare. Io l’ho lasciato tutta la notte ma bastano anche solo un paio d’ore.
Cuocere in forno statico a 180° per 25/30 minuti (tenete d’occhio gli ultimi minuti, non deve scurirsi troppo).
Sfornare, attendere 5/10 minuti e poi far raffreddare su una gratella.

Note:

non amo particolarmente il pane “sciapo” perciò penso che la prossima
volta proverò a rifarlo raddoppiando la dose di zucchero, per ottenere
proprio un pane da colazione
a mio parere si può diminuire tranquillamente la dose di lievito, a pane appena cotto si avverte un pochino il sapore (il giorno dopo invece è perfetto)

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Focaccia integrale alle cipolle

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Io e la focaccia abbiamo un amore decisamente rodato.
Ricordo quando andavo in vacanza con i nonni, in Liguria durante l’inverno, “così la bambina respira un pò di aria buona”: la sosta dal panettiere nel budello, prima di tornare a casa per pranzo, era tappa obbligata. Sulla tavola non ne mancava mai qualche striscia, qualsiasi fosse la pietanza del giorno.
Se ero particolarmente fortunata, e francamente capitava spesso, me ne arrivava un supplemento anche nel pomeriggio come merenda.
Solo la sera saltavo il mio appuntamento con la tanto amata focaccia: per farmi viziare dalla nonna, all’insaputa di papà, mi facevo preparare il latte e l’uovo sbattuto con lo zucchero. Dunque, l’abbinamento non sarebbe stato proprio il massimo, senza contare che non avrei avuto bisogno di un ulteriore ostacolo alla mia digestione 😉
Crescendo, dalla versione liscia mi sono evoluta nella
sperimentazione di quella con le olive verdi, con il formaggio – yuhm – o
le cipolle, con il patè di olive nere taggiasche…

Una focaccia buona come quella, difficilmente la trovavo in città perciò fino allo scorso anno la mangiavo praticamente solo nel periodo estivo, durante le vacanze al mare. Era perfetta per un pranzo in spiaggia, e  vogliamo parlare della versione da aperitivo, quando fa meno caldo e la puoi gustare con una birra ghiacciata sul lettino?
La versione che vi propongo, per quanto buona, non si sognerebbe mai di competere con quella autentica genovese; tuttavia, è un buon diversivo per quelle cene in cui si ha poco in casa e si desidera un rinforzo o come accompagnamento di formaggi e salumi, antipasto sostanzioso per una cena tra amici.




Ingredienti:
200 gr farina integrale
300 gr farina 00
300 gr acqua tiepida
25 gr lievito secco
due cucchiaini di zucchero di canna
due cucchai d’olio EVO
15 gr sale fino
una grossa cipolla bianca

Miscelare gli ingredienti in polvere, unirvi poi i due cucchiai d’olio e l’acqua impastando con un robot da cucina o utilizzando un cucchiaio di legno.
La lavorazione di questo impasto non deve essere lunga, giusto sufficiente quanto basta a incorporare bene tutto gli ingredienti in un composto omogeneo.
Versare un filo d’olio sull’impasto e far lievitare 20 minuti coperto da un canovaccio.
Trasferire il composto nella teglia che servirà alla cottura e far lievitare un’ora abbondante in luogo tiepido, sempre coperto.
Stendere bene nella teglia e formare con i polpastrelli degli incavi, tipici della focaccia.
Emulsionare tre cucchiai di olio EVO e tre cucchiai di acqua tiepida. Stendere metà di questa miscela su tutta la focaccia.
Disporrre la cipolla tagliata a rondelle sottilissime, versare il resto dell’emulsione e salare bene.
Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi, per 35 minuti.

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Pane nero con noci, uvette e fichi secchi

by 8 Comments

Nel mio immaginario, ho sempre dipinto le persone capaci di fare il pane in casa come maghi della cucina 🙂 
Per questo, avevo un pò di perplessità nel provare a prepararlo da sola. Aggiungiamoci che non avevo tutti gli strumenti necessari (mi mancava lo stampo) e che, testona come sono, volevo partire subito da una ricetta un pò elaborata… ammetto che mi sono approcciata a questo primo tentativo con un timore assolutamente reverenziale!
Contro ogni previsione è andata benissimo: croccante fuori e soffice all’interno, non essendo un pane dolce può essere usato per accompagnare salumi e formaggi in abbinamenti ricercati, ma anche come supporto per marmellate, miele e altre
creme spalmabili.

 

Ingredienti:
500 gr farina nera ai 7 cereali
1 bustina di lievito di birra secco attivo
80 gr noci
80 gr uvetta
40 gr fichi secchi
un cucchiaio di cacao amaro
un cucchiaio di zucchero di canna
un pizzico di sale
280 ml acqua
due cucchiai d’olio
olio qb per lo stampo

Setacciare lievito e farina insieme, poi aggiungere tutti gli ingredienti in polvere, i due cucchiai di olio e l’acqua tiepida.
Impastare poco, giusto quanto basta per amalgamare gli ingredienti.
Ridurrre in gherigli le noci e tagliare in piccoli pezzi i fichi secchi.
Far rinvenire l’uvetta disidratata in una tazzina con dell’acqua, strizzare bene e aggiungere all’impasto insieme a noci e fichi.
Impastare ancora fino a ottenere un impasto omogeneo ed elastico.
Con un pennello ungere con poco olio lo stampo (io ho usato una teglia cuki, deformandola per ottenere una sorta di stampo grande da plumcake) e versarci l’impasto: lo stampo sarà da riempire al massimo per i 2/3, altrimenti lievitando il pane uscirà.
Far lievitare almeno tre ore; avendone la possibilità l’ho lasciato nel forno spento e chiuso, coperto con un canovaccio, per tutta la notte.
Spolverare di farina e infornare a 200 gradi per 25 minuti, facendo la prova dello stecchino. La crosta resterà croccante ma l’interno soffice.
Dopo qualche minuto sformare e far raffreddare su una gratella, in modo da togliere umidità alla base.
Ottimo sia mangiato da solo, meglio ancora se tiepido, sia accompagnato a ciò che preferite.

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Pazza per la pizza!

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Forse non sarebbe il mio famoso “ultimo pasto del condannato”, ma la pizza è comunque una delle cose a cui faccio più fatica a rinunciare. 
Anche nei periodi di dieta (brutta parola), è il mio strappo alla regola preferito! 
La amo alla napoletana, con la crosta alta e soffice. 
Ho ereditato il vizio di mangiarla bianca da mia mamma e – dopo il periodo solo ed esclusivamente funghi – ora alterno le verdure a farciture più particolari come crema di carciofi e crudo o ricotta e cotto. 
Mi piace anche, so che è considerato un sacrilegio, la variante alla ligure con lo stracchino e il pesto. A volte le pizze che ordino sembrano quasi focacce, ma il pomodoro proprio non mi va giù 🙂
Generalmente non apprezzo un granchè la pizza fatta in casa, un pò troppo croccante per i miei gusti, ma ho trovato una ricetta fantastica che fa rimanere l’impasto molto soffice e super digeribile, grazie alla lunga lievitazione e all’utilizzo di una percentuale di farina integrale.

Ingredienti:
Per 1,5 kg di impasto (si mangia in 4) 
800 gr di farina 00
200 gr di farina integrale (se usate la multicereali, usatene 500 gr insieme a 500 di farina 00)
500 ml di acqua tiepida
18 gr di lievito di birra (quello che uso io è secco, secondo le indicazioni di Bonci, e va attivato con due cucchiaini di zucchero di canna)
15 gr di sale

L’impasto pronto… e ora, a lievitare!

Unire le farine setacciate al lievito, aggiungere il sale (non va mai unito al solo lievito) e poi gradualmente l’acqua, continuando a impastare con le mani o utilizzando l’impastatrice.
Al raggiungimento di un composto sodo ed elastico, dividerlo in sei palline di uguali dimensioni e metterlo a riposare in contenitori ermetici (o ciotole coperte da pellicola trasparente ben sigillata).
Far lievitare in un ambiente fresco e buio (è controcorrente, lo so, ma anche qui mi ha illuminata Bonci, che fa addirittura lievitare in frigorifero per aumentare la digeribilità dell’impasto); generalmente lascio lievitare sempre almeno sei ore, quando posso anche fino a dodici.
Riprendere l’impasto e stenderlo, lavorandolo un pò perchè sarà elastico.
Farcire a piacimento, completare con un giro di olio EVO e far cuocere in forno statico a 220 gradi per 12-15 minuti, a seconda di quanto vi piace cotta.

Prima di infornare 🙂

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Focaccia per tutti i giorni

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Questa focaccia è stato il mio primo approccio con i lievitati.
Quando sfogliavo i blog che seguo, leggevo con ammirazione le ricette di blogger più esperte che si cimentavano con pizze, pane e altre prelibatezze. Ammiravo e tra me e me pensavo che non avrei mai avuto la pazienza necessaria per affrontare certe preparazioni.
Un giorno ho deciso di iniziare, in maniera soft, con questa focaccia morbidissima il cui tempo di lievitazione è relativamente breve (nei tentativi postumi ho poi scoperto che è adattissima anche a lievitazioni più prolungate).

 

 

Ingredienti:
250 gr farina manitoba
250 gr farina tipo 0
300 ml di acqua
15 gr di lievito di birra (più un cucchiaino di zucchero)
10 gr di sale
2 cucchiai di olio EVO

Emulsione:
65 ml di acqua
65 ml di olio EVO
20 gr sale

Mescolare in una ciotola le farine, il lievito e lo zucchero.
Al centro, unire l’olio, poi il sale.
Incorporare piano piano l’acqua tiepida, impastando con un cucchiaio o con il kitchen aid (io ho provato entrambe le modalità, l’importante è non utilizzare le mani).
Quando l’impasto è ben amalgamato, versarvi un filo d’olio e lasciarlo riposare una prima mezz’ora nella ciotola.
Trasferire in una teglia, su cui avrete precedentemente versato un filo d’olio, e lasciar lievitare coperto con un panno per un’ora.
A questo punto stendere l’impasto nella teglia, creando dei solchi con i polpastrelli, senza rompere le bolle d’aria che si saranno formate nel composto durante la lievitazione.
Versare sulla superficie la salamoia ottenuta mischiando olio, acqua e sale come da dosi indicate (se preferite potete omettere il sale nell’emulsione sostituendolo con una spolverata di sale grosso in superficie). Far riposare gli ultimi venti minuti.
Cuocere per circa 30 minuti in forno statico a 180 gradi.

 

Filed Under: lievitati, ricette Tagged With: focaccia

Cannella e Confetti

Margherita Daverio, alias Cannella e Confetti.
Classe '84, vivo a Milano e faccio la PR.
Per me cucina è carattere, brivido e poesia.
Sognatrice ad occhi aperti ed eccessiva negli affetti, vivo di istanti e di istinti.
Mi tengo stretta la famiglia, gli errori e i ricordi. Guardando sempre avanti, che la vita non si ferma. E tanto meno io.

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