Cannella e Confetti

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Eating out in trasferta: Il ristorante Lamberti ad Alassio

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La Liguria per me è un pò casa, da sempre.
L’ho frequentata fin da piccolissima e tornarci ha un buon sapore.
Uno dei miei posti del cuore è Alassio, con i palazzi colorati, il budello vivace in cui si alternano artigiani e boutique, il lungomare scandito dalle lucine dei locali.
Frequentandola da tempo, come è naturale, ho i miei porti sicuri… ma se c’è una cosa che mi piace è scoprire qualcosa di nuovo, in un posto che conosco bene.
Avevamo voglia di una cena un pò speciale, in questa fine estate tanto sospirata e che fatichiamo a lasciar andare.
Scorrendo tra i locali elencati Michelin, ci siamo fatti attirare dal ristorante Lamberti.
Si trova all’interno dell’omonimo hotel. Entrandoci, spicca un pò il contrasto tra un normale albergo tre stelle e un ristorante davvero raffinato, con una bella terrazza esterna.

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Come spesso scegliamo di fare, alla prima visita in un locale nuovo, abbiamo ordinato il menù degustazione per lasciare allo chef la possibilità di esprimersi al meglio.
In apertura ci è stata servita una tartare di tonno, insalatina trevisana, fragole alla vinaigrette di lamponi ed emulsione al mango: generalmente il sapore del tonno crudo è un pò aggressivo per i miei gusti, ma in questo caso le note dolci e agre in accompagnamento lo equilibravano benissimo. La materia prima di spiccata qualità e freschezza lo rendeva inoltre morbido al palato e piacevole.

Come secondo antipasto era prevista un’insalatina di astice cotto a bassa temperatura con avocado e pomodoro cuore di bue, su sfoglia di pane Guttiau. Qualità ottima, a livello di sapore si poteva aggiungere una nota che desse una spinta al tutto.

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Un contrasto di gusto eccellente quello del primo, dei ravioli ripieni di melone sfumati al Porto, su crema di fois gras e polpa di aragosta. Il profumo dolce e intenso del melone, l’amaro avvolgente della crema, la carne tenera e cotta a puntino dell’aragosta ne facevano un piatto davvero da “wow”.

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Molto bene anche la chiusura, con un filetto di orata brasato, fico caramellato e prosciutto San Daniele con riduzione al vino rosso. Il pesce era deliziosamente saporito e il fico morbido e dolce gli dava un ottimo contrasto.
Personalmente avrei preferito il prosciutto in altre forme, al posto delle fetta tagliata fresca, per esempio attraverso un’essiccatura e un utilizzo in polvere o panatura, per regalare al piatto un contrasto croccante (oltre a migliorarne l’aspetto estetico).

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Abbiamo accompagnato i piatti scegliendo dall’ampia lista dei vini un’ottima bottiglia di Apollonia di Federico Mencaroni, Verdicchio dei Castelli di Jesi Brut Millesimato che trascorre tra i 40 e i 50 mesi sui lieviti (che si è andata ad aggiungere a due calici di Trento DOC, omaggio gradito in apertura di cena).
Siamo usciti soddisfatti, sazi ma leggeri (adoro quando la cucina di un ristorante ti lascia questa sensazione, è una cosa piuttosto rara).
Il conto finale? Proporzionato alla qualità di quanto servito.

Si trova in Via Antonio Gramsci 57, Alassio
Tel. 0182.642747
Per altre info consultate il sito internet

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Mangiare pokè a Milano: la mia top 3

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Quanti come me amano il pokè, piatto di origine hawaiana a base di pesce crudo tagliato a pezzetti e abbinato a ingredienti sani, gustosi e sazianti?
Sarà anche ormai una moda, ma una ciotola fresca e piena di cose buone non è forse quello che si desidera in estate, come pausa dall’ufficio a pranzo o per una serata easy tra amici?
Oggi vi svelo i tre posti dove vado a colpo sicuro quando desidero mangiare un buon pokè a Milano.

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TEMAKINHO
Mio storico amore, che ovviamente non ha perso l’occasione di cavalcare questa nuova tendenza: da Temakinho il pokè viene proposto in tre varianti di pesce, più una veg.
Io amo molto il Poke de salmao completo con base di riso, avocado, alga wakame, mango, salmone, zenzero, salsa di soia, sesamo e guarnizione di erba cipollina.
La dimensione è sufficiente a saziare un appetito medio/piccolo, vi consiglio di dividere una porzione di ottimi gamberi fritti con salsa piccante alla banana mentre aspettate.

Location: via Giovanni Boccaccio 4
Prenotazione: sul sito
Prezzi: 11 – 16 euro

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NIMA SUSHI
Qui ho ordinato diversi uramaki ma i mix di sapori proposti non mi hanno mai convinta; in compenso sashimi, tartare e pokè sono davvero eccezionali!
Sono fedelissima al Poke salmon (riso, salmone, avocado, julienne di patata fritta, quinoa soffiata, salsa ponzu e maionese al wasabi) ma voglio presto dare una possibilità anche al Poke mix con la sua combinazione di riso, tonno, branzino, salmone, gambero, avocado, cavolo rosso, riso soffiato e maionese allo zafferano.
La porzione servita al tavolo è piccina, consiglio di abbinarla a un secondo piatto.
Discorso diverso se ordinate da asporto, in questo caso i poke sono componibili e decisamente più abbondanti, pensati come piatto unico.

Location: via Vittor Pisani
Prenotazione: sul sito o tramite app
Prezzi: 8 euro (in loco), da 9,90 la regular e da 12,90 euro la large (da asporto)

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MAUI POKE’
Locale dall’arredamento delizioso, di quelli con il potere terapeutico di farti sentire in vacanza appena ne varchi la soglia.
Maui pokè è un vero e proprio ristorantino, curato in ogni dettaglio (adoro le loro ceramiche!).
Qui le varianti offerte sono davvero tante, il mio to-go è il Mango special (notate una certa ricorrenza?) preparato con riso venere, cubetti di tonno, salmone e ombrina, ananas arrostito, avocado, nachos e salsa al mango.

Location: via S. Vittore al teatro 3
Prenotazione: telefonica o su The Fork
Prezzi: 11 – 16 euro

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Sushi, dim sum & more da MU Fish

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Quando mangio sushi sono particolarmente esigente. Vuoi che sia perché, trattandosi di pesce crudo, il tema della qualità diventa fondamentale o perché quando qualcosa mi piace davvero tanto desidero che sia preparato a regola d’arte.

Quando sono stata invitata a provare MU Fish mi ha incuriosita tantissimo questo locale dalle ottime recensioni situato un po’ fuori dalle nostre classiche rotte.
E che piacere, per una volta, parcheggiare senza girare mezz’ora a vuoto entrando poi in un locale tanto curato da potersi tranquillamente trovare nel pieno centro di Milano.
Il locale è certamente d’atmosfera e, allo stesso tempo, adatto a tutti. Di giovedì sera a cena c’erano coppie, tavolate di amici, piccole famiglie.
I ragazzi in sala dispensano sorrisi e consigli, rendendo l’ambiente minimal e moderno decisamente accogliente.

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Dalla cucina dirigono i lavori lo chef Jiang, già capo chef per 8 anni al Finger’s di Milano e lo chef Kim, con trascorsi da Ba Asian Mood e Gong.
Fil rouge del percorso è un’altissima qualità della materia prima, che viene lavorata il giusto, mai all’eccesso. Una costante anche la cura per l’impiattamento, la cui ricercatezza consente comunque di consumare agevolmente le portate (quanto detesto quando qualcosa nel mio piatto è bello, anche bellissimo, ma difficile da mangiare).

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Addentriamoci meglio nel tema, che tanto amo assaggiare quanto parlarne.
Abbiamo assaporato una cucina orientale creativa dove materie prime di eccellenza dell’Occidente e tecniche provenienti dall’Oriente si sposano dando vita a una cucina che definire fusion sarebbe probabilmente riduttivo. Non so come la pensate voi, ma la maggior parte delle volte questo termine viene usato per descrivere un mix di proposte messe insieme un po’ per convenienza e un po’ per caso.
Da MU Fish invece la linea è ben precisa ed emerge in un percorso gastronomico complessivo che ha un’impronta marcata. Una vera e propria firma.

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In partenza, ci è stata servita una tartare di salmone su salsa mediterranea di verdure che ci ha consentito di testare con mano da subito la freschezza e la qualità del pesce selezionato in cucina.
Abbiamo proseguito assaggiando due antipasti, la millefoglie di tonno e burrata con pomodoro, sfoglia croccante e olio al tartufo e le capesante con besciamella e pasta kataifi. Le capesante si scioglievano semplicemente in bocca.

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Siamo passati poi alla degustazione di dimsum, molto gradevole, con un picco assoluto sul raviolo al nero ripieno di branzino: estasi pura.
In conclusione, come non assaggiare sushi e sashimi? Anche in questo caso pollice all’insù per gli ottimi sapori e una menzione particolare alla perfetta proporzione tra riso e pesce nel nigiri (dal viaggio in Giappone sono diventata particolarmente sensibile sul tema).

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Sul vino, un consiglio: lasciate fare al sommelier!
Per accompagnare la nostra cena, dopo un check in cucina su quali piatti ci sarebbero stati serviti, ci è stato servito un Sauvignon Blanc 2016 della zona di Bordeaux. Un vino che, sbagliando, probabilmente non avremmo scelto dalla lista ma che ha contribuito a dare alla serata la stessa piacevolezza regalata dai piatti e dal servizio attento e cortese.
Nulla più da aggiungere direi. Anzi,sì: da MU Fish ci ritorniamo, questo è poco ma sicuro.

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Il Rovi, nuovo ristorante dello chef Yotam Ottolenghi a Londra

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Sto per dire una cosa forte, perciò preparatevi: la cucina di Yotam Ottolenghi, se la conosci la ami.
E’ uno di quei colpi di fulmine gastronomici a effetto sicuro, non c’è riparo dalla freccia del Cupido della cucina. Io me ne ero innamorata già “sulla carta” attraverso alcuni dei suoi libri; immaginate quindi il mio giubilo quando abbiamo pianificato di andare a Londra a provare il suo Rovi per un brunch domenicale.

L’ultimo (e settimo) locale aperto dallo chef nella capitale inglese nel quartiere centrale di Fitzrovia offre una cucina a tema “fermentation and cooking over fire”.
L’arredo è piuttosto informale, a dominare è il legno in abbinamento con il rosso; potrei azzardare a dire che per Ottolenghi il colore è veicolo di espressione, perché anche i suoi piatti sono caratterizzati da tinte piuttosto accese, sempre in armonia tra loro.
L’atmosfera è vivace, seppur meno conviviale rispetto a tutti gli altri ristoranti di Ottolenghi (più simili a dei buffet bar, con servizio). C’è in ogni caso un bel bancone bar al centro del locale, per un aperitivo o un after dinner.

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Quello che particolarmente mi colpisce della sua cucina è la magistrale estrazione e sublimazione dei sapori delle verdure e non a caso, quindi, le portate che sia io che Fabio abbiamo apprezzato di più vedono proprio i vegetali come protagonisti indiscussi.

Passiamo quindi al sodo e largo ai piatti. Mentre sfogliamo il menù ordiniamo due gin tonic: Tanqueray No.10 con mela e zenzero (da rifare obbligatoriamente a casa perchè era squisito!) e un Chapel Down, con uva e timo. Scegliamo due small plates, degli antipasti abbondanti: carciofi violetti con labne, olive, erbe aromatiche e fiocchi di peperoncino e rape con arance, rucola e acciughe.
Entrambi ci soddisfano ma le rape sono davvero qualcosa di squisito (e io normalmente non le mangio nemmeno sotto tortura). La bellezza della cucina di Ottolenghi è proprio questa: la capacità di riproporre gli ingredienti esaltandone i sapori in un abbinamento che risulta totalmente inedito e in grado di far apprezzare anche ingredienti normalmente poco graditi.

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A seguire due large plates, per me dei gamberoni al curry con maionese al lemongrass, dal sapore molto thai, e per Fabio un signature dish del locale: congii, un porridge salato tipico di origine cinese, servito con carne di manzo brasata e daikon fermentato.
Anche in questo caso piatti ben realizzati e presentati ma mancava quella nota d’estro, quel tratto distintivo capace di renderli qualcosa di mai assaggiato prima trovata invece negli antipasti.

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Prezzi assolutamente congrui per la qualità e per la media di Londra (8-15 £ gli small plates, 18-25 £ i large plates, 11-13 ” i cocktail).
Un ristorante in cui tornerei e tornerò senz’altro, magari a cena per indugiare in un doppio cocktail e deliziarmi attraverso un pasto tutto a base veggy.

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EATING OUT: A MILANO DA DHOLE. BRUNCH, DRINK E CUCINA

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Il quartiere di Porta Romana è uno di quelli che per ragioni logistiche frequento meno, nonostante mi piaccia moltissimo. Per fortuna mi capita di rimediare… e di farlo in grande stile!
Lo scorso weekend sono stata da Dhole, cocktail bar con cucina che offre drink e ristorazione di livello. E se ho deciso di parlarvene qui, è perchè è stata decisamente una bella scoperta.

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Ho sperimentato la formula brunch che prevede una entrée dolce, un piatto a base di uova e una portata principale da scegliere tra tre alternative (una delle quali vegetariana).
Per iniziare abbiamo assaggiato il dorayaki con crema di azuki (fagioli rossi giapponesi da cui si ottiene una composta delicatamente dolce) e il pancake con composta di fichi, le due proposte di entrée del menù.

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Ci siamo poi deliziati con le uova pochè, servite con salsa olandese su un bun morbido nelle tre versioni benedict (con bacon), royale (con salmone affumicato) e florentine (con asparagi e tartufo estivo): talmente buone che per resistere alla tentazione del bis ho dovuto invocare tutta la mia forza di volontà, quasi come se fosse un super potere.

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Le contaminazioni asiatiche del menù sono guizzi delicati, firme dello chef che personalizzano il piatto senza renderlo però eccessivamente complesso.
Nel caso della wok di manzo e taro con cipollotto fresco e pepe sichuan, per esempio, il richiamo orientale era chiaro e gustoso senza peccare di troppa intensità.
Allo stesso modo, il tocco di zenzero della crema di carote del mio piatto vegetariano (flan di zucchine, scrigno di patata e insalatina di finocchi, arance e mentuccia) era gradevolmente delicato.

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Acqua, spremuta fresca d’arancia e caffè sono inclusi nei 27 euro, un prezzo del tutto in linea con la qualità degli ingredienti e la proposta gastronomica non banale.

Come nel caso del “fratello maggiore” Eppol, locale di Porta Venezia che amo incondizionatamente, appare forte e chiara la voglia di non lasciare nulla al caso. Di curare l’ambiente in ogni singolo dettaglio per ottenere un risultato gradevolmente scenografico, di quel trendy che attira senza mettere in soggezione.

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Il bancone, che domina la sala, fa capire subito che da Dhole sarebbe un peccato fermarsi al classico calice di vino. Punto indiscusso di forza sono infatti i cocktail, creati ad hoc dai mixologist Maximiliano Ruiz e Milo Occhipinti, giocando con ingredienti inusuali quali spezie, bacche, addirittura marshmallows.
La cosa che mi ha conquistata in assoluto è il fatto che ogni drink abbia una vera e propria sua storia d’origine, da farsi raccontare dal barman come se fosse una favola della buonanotte o leggere direttamente sul menù.

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A chi è adatto
Perfetto in coppia ma anche con le amiche, per chi ama godersi la tavola senza fretta… lasciandosi avvicinare da qualche nuovo sapore
Quanto si spende
Per la formula brunch il prezzo è fisso a 27 euro. Sul sito è disponibile il menù alla carta con relativi prezzi.
I cocktail costano 12-14 euro
Dove si trova
Dhole è a Milano in via Gerolamo Tiraboschi, 2

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EATING OUT: LA CUCINA PIEMONTESE CREATIVA DELL’ENOTECA DI CANELLI

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Non ho mai nascosto che per me i km meglio percorsi sono quelli che mi conducono verso il buon cibo e i bei momenti.
Che non ci sia distanza che scoraggi me e Fabio quando si tratta di esperienze gastronomiche eccellenti ve lo avevo anticipato parlandovi della macelleria stellata Damini & Affini di Arzignano. Eccomi anche oggi con uno spunto per una gita fuori porta speciale, che comprenda un’intensa sessione di coccole a tavola.

Da tempo ero incuriosita dall’Enoteca di Canelli e dalla sua promessa di cucina piemontese contemporanea.
Amo il territorio delle Langhe, perenne garanzia di esperienze eccellenti di gusto e relax. Dal 2014 i paesaggi vitivinicoli del Piemonte, Langhe-Roero e Monferrato, sono perfino diventati siti Unesco.
Mi ritengo estremamente fortunata di essere diventata grande anche attraverso generosi dosi di cucina piemontese, magistralmente eseguita sia da mia nonna che da mia mamma, i miei riferimenti ai fornelli (e non solo).
Le premesse, quindi, erano complete. E non sono rimasta delusa.

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La location è senza dubbio esclusiva: il ristorante si trova nelle antiche cantine di un palazzo ottocentesco, con archi a volta e muri in mattoni a vista. Un giusto numero di tavoli correttamente distanziati tra loro e apparecchiati con garbo danno al locale un’aura intima.
Gli chef Riccardo e Diego Crippa, padre e figlio, propongono alcuni dei tipici sapori piemontesi, insieme a proposte non regionali.
Gli accostamenti sono talvolta innovativi ma mai eccessivamente arditi, i piatti ben eseguiti e le materie prime senza dubbio di qualità.

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Abbiamo assaggiato la carne cruda con crema al parmigiano stravecchio e cialda di nocciola, gli agnolotti del plin al sugo d’arrosto, il maialino da latte croccante e lo stracotto di vitello al Barbera.
Per finire, al posto del dolce, una selezione di formaggi locali con miele e cugnà (una composta speziata a base d’uva e frutta secca tipica della zona, originata dall’esigenza di utilizzare il residuo della vendemmia).
Se proprio dovessi fare un appunto, le porzioni dei secondi piatti sono un pò esigue, da ristorante stellato.

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Con un nome così non potevo che aspettarmi un’attenzione particolare all’accompagnamento della cena, ecco infatti che la carta dei vini somiglia a una piccola enciclopedia; ampio spazio è dedicato ai vini del territorio, dalle etichette più note a una nutrita selezione di piccoli produttori, e i ricarichi sono molto onesti.
In sala la sommelier Anita e il fratello Dario assicurano un servizio competente e cortese.

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A chi è adatto
A tutti, perché in carta ci sono sia piatti di carne che proposte di pesce. A chi ama la cucina piemontese ma non è troppo attaccato alla tradizione
Quanto si spende
Per un antipasto, un primo, due secondi e una selezione di formaggi in due, con una bottiglia di Barbera Superiore da 18 euro il conto è stato di 94 euro. Sul sito si trova sempre il menù aggiornato con i relativi prezzi
Dove si trova
L’enoteca di Canelli è a Canelli in Corso Libertà, 65/A

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Da Spoon Milano con METRO per la Festa delle Attività in Proprio

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Ok, armatevi di pennarello rosso e segnate bene sul calendario questa data: il 9 ottobre è la terza edizione della Festa delle Attività in Proprio di METRO Italia.
I gestori di attività indipendenti offriranno ai clienti menù ad hoc e offerte speciali per godere un’esperienza esclusiva e celebrare il piacere del concedersi qualche coccola gastronomica fuori casa.
Il network Say Good racconterà i locali aderenti a questa iniziativa, in giro per 10 grandi città italiane.
Io sono stata da Spoon Restaurant & Lounge, ristorante e cocktail bar milanese.

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Un locale in cui entri per l’aperitivo e decidi che la serata deve proseguire nella zona ristorante, per assaggiare un piatto ma anche due.
Oppure, vieni per cena e finisci per indugiare sui divani della zona lounge per un drink di fine serata.
Uno di quelli in cui insomma, non importa come e quando ci arrivi: ti viene voglia di restare.
A pochi passi dalla cerchia dei Bastioni, in una zona in cui si respira la storia di Milano, Spoon si trova all’interno di un antico edificio che ha l’unicità di potersi fregiare di mura spagnole risalenti al XVI secolo ancora perfettamente conservate. Una leggenda narra che le scuderie di Napoleone Bonaparte si trovassero proprio dove è situato attualmente il lounge bar.
Splendido il dehors nascosto, a Milano elemento di estremo appeal, da cui lasciarsi sorprendere.

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In cucina, piatti fortemente votati alla tradizione mediterranea di mare con un guizzo di innovazione e ricerca escono dalle mani e dall’estro dello chef Sergio D’Angelo.
Mamma siciliana e papà della soleggiatissima Costiera Amalfitana, non c’è da meravigliarsi che la cucina mediterranea gli scorra nel sangue.
Chiacchierando con lui ho potuto apprezzare il suo amore per la materia prima di eccellenza, su cui fa un accurato lavoro di selezione e che tratta con estremo rispetto: la ricerca degli abbinamenti è finalizzata a esaltarne il sapore, la lavorazione in cucina a estrarne tutto il gusto.
Che cosa ho assaggiato, quindi?
Due piatti che difficilmente potreste non amare.
Degli gnocchi di patata e polvere di pomodoro essicato al sole con cozze alla marinara; ottima fattezza lo gnocco, preparato con pochissima farina, e sugo indiscutibilmente da scarpetta.
Un cartoccio di gamberi in tempura (morbidissimi), verdure in pastella e sarde fritte che mi è stato condito al tavolo con succo di lime e polpa di passion fruit: le note esotiche e fresche rendevano il piatto incredibilmente leggero. Molto originale poi l’idea di servirlo in un cartoccio commestibile di pasta fillo.

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Interessante l’idea dello spoontino, la formula per i languorini serali: quelli in cui la cucina è ormai chiusa ma la voglia di godersi l’ultimo bicchiere con gli amici è ancora tanta, insomma.
Tartare di pesce, carne o creme di verdura servite su una generosa fetta di pan bauletto ai cereali formato extra large, che lo chef prepara fresco e con le proprie mani. Io che ho un debole per il pane scuro e soffice l’ho amato già solo assaggiandone una fetta tiepida così, al naturale.

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La prosima volta voglio assolutamente testare la formula brunch, che prevede:
• un buffet di frutta e verdura fresca, salumi, formaggi e panificati
• un piatto al tavolo a scelta (per esempio pancake, uova alla benedict e club sandwich)
• un buffet di dolci artigianali (devo aggiungere altro?)
Il costo di 28 euro – che comprende anche una bevanda calda e una fredda come una bibita, una birra o un calice di vino – è assolutamente competitivo data la qualità delle materie prime che ho potuto sperimentare in prima persona.
Ci tornerò senz’altro anche per raddrizzare una giornata no dopo l’ufficio godendomi uno dei nuovissimi 9 cocktail ispirati agli artisti del passato (essendo del team tequila, ho già puntato il Frida Kahlo).
Magari a suon di musica, nelle serate di mercoledì, venerdì e sabato.

viale Bligny 39
mar – sab: 18.00 – 02.00
dom: 11.00 – 16.00, 18.00 – 01.00
tel. 02/58322922

Post offerto da METRO per Festa delle Attività in Proprio 2018
Trovate qui l’elenco completo dei locali aderenti

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Mangiare carne a Milano: i miei ristoranti preferiti

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Per i food lover Milano è decisamente il paese dei balocchi, con la sua offerta in continua espansione e rinnovamento.
Nuove influenze, nuovi format, nuove aperture (e a volte necessariamente anche chiusure, sigh) rendono davvero impossibile la noia a qualsiasi gourmet.
Se provare posti nuovi è sempre un piacere, anche andare sul sicuro ha il suo fascino confortante.
Avete presente quei posti da scegliere a occhi chiusi, quando si vuole la garanzia di stare (e mangiare) bene?
Oggi quindi lascio spazio ai miei ristoranti di carne del cuore, quelli che – sono certa – farebbero leccare i baffi a qualunque carnivoro che si rispetti.

EL CARNICERO

Il mio ristorante argentino preferito in assoluto, quello dove vado quando anche l’estetica della serata vuole la sua parte.
Amo quell’atmosfera calda e allo stesso tempo elegante, festaiola ma intima; in particolare, ho un debole per la sala El patio, con cui mi sento davvero in una veranda di Buenos Aires.
Mi piace la materia prima deliziosa che non necessita di chissà quali elaborazioni per essere squisita (i miei go-to-order sono il lomo quando mi sento signorina e la parrilla in fase PM).
Perfetta poi la carta dei vini, con tante proposte corpose importate direttamente dal sud America, perfette per accompagnare questo genere di sapori (ma sappiate che anche sui cocktail sono preparatissimi).
Mi stupisce quel suo riuscire a essere sempre romantico nonostante sia spesso affollatissimo… va da sé che prenotare sia un dictat assoluto!
A Milano El Carnicero ha due ristoranti: in via Spartaco 31 (il mio preferito) e in corso Garibaldi 108

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AL VALENTINO

Un locale che frequento ormai da tempo immemore, uno di quei posti che praticamente diventa casa.
Al Valentino è un ristorante accogliente, dall’atmosfera vivace ma rilassata.
Adoro il suo arredo un po’ vintage, con le tovaglie importanti e le pareti colme di cornici con stampe di Rodolfo Guglielmi, in arte appunto Valentino.
Mi ha conquistata con la sua tagliata di Angus, accompagnata da fagioli cannellini al rosmarino serviti nel padellino di rame e patate fritte croccantissime, taglio chips (quello che preferisco!).
Il servizio è cortese e i prezzi adeguati al locale. Nulla è mai troppo nè mai troppo poco.
Uno dei posti su cui, se devo invitare qualcuno, vado sul sicuro.
Si trova in Via Luigi Giuseppe Faravelli 8

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BOVE’S

Mangiare bene sui Navigli non è sempre semplice o sempre all’altezza del prezzo.
Insegna della storica macelleria Martini, a Cuneo dal 1929, Bove’s è il mio personale tempio della carne piemontese a Milano.
Ordinate senza indugio un Cubo, 250 gr di tagliata di manzo gustosissima, o una tartare scomposta, servita con 10 condimenti da aggiungere a piacere alla vostra battuta al coltello.
Per sentirvi un po’ oltre Oceano, prima di cena ordinate un cocktail (sono ottimi!) al bancone in vero stile NYC.
Lo trovate in via Cesare da Sesto 1

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THE BRISKET

Scoperta recente sempre in zona Navigli, una smokehouse texana. La cottura “slow and low” di questa tipologia di barbecue consente alle carni di risultare tenerissime e molto succose.
Imperdibili la punta di petto di manzo affumicata e cotta 12 ore a bassa temperatura (il piatto che dà il nome al locale) e il pulled pork, servito con coleslaw, un’insalatina di cavolo cappuccio.
Il locale è di ispirazione industriale e il servizio gentile e prodigo di spiegazioni. Nel weekend è disponibile anche la formula brunch, con burger e sandwich dove le carni sono protagoniste, a 25 euro.
The brisket si trova in Ripa di Porta Ticinese 65

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EATING OUT: CANNAVACCIUOLO BISTROT, TORINO

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Il detto secondo cui “l’attesa aumenta il desiderio” vale anche al ristorante.
Me lo sono ripetuta spesso negli ultimi mesi, come una sorta di mantra consolatorio… sì, perchè la love story (rigorosamente gastronomica) tra me e Mr. Antonino stentava decisamente a decollare.
Quando dopo un tentativo fallimentare di prenotazione del ristorante di Orta san Giulio per il compleanno di mio marito mi sono scontrata con la lista d’attesa del nuovissimo bistrot di Torino, lo sconforto si stava impossessando di me.
Mi aspettavano due mesi e mezzo di attesa per un sabato a pranzo, in quattro (sarebbero stati tre per lo stesso tavolo la sera). Beh, lasciatemi dire che più tardi il perchè l’ho capito.

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Finalmente arriva il 5 maggio e con lui il nostro turno alla tavola dell’ultimo nato di casa Cannavacciuolo.
L’interno è ben organizzato, luminoso e curato. La disposizione dei tavoli è piacevolmente ampia per trattarsi di un bistrot e anche il bagno è all’altezza di un locale di alto livello; un po’ sacrificato per quanto grazioso il dehor, che purtroppo si trova sulla strada.
Gli spazi sono stati progettati con l’aiuto di un’esperta di feng shui, filosofia orientale secondo la quale seguire certe linee guida nell’organizzazione degli ambienti li rende capaci di restituire armonia ed equilibrio a chi li vive.

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La tavola è informale (non ci sono tovaglie ma runner) ma elegante, il design generale è minimal e pulito. Il servizio è sapiente e cortese, il maitre in particolare è capace di un’accoglienza impeccabile, con il calore del bistrot ma all’altezza delle stelle.
Mentre sfogliamo i menu ci vengono serviti alcuni appetizer, dove è chiaro da subito l’imprinting partenopeo dello chef: montanara, pacchero fritto cacio e pepe, maccherone ripieno di ragù napoletano e mini-panino con la trippa. Come amuse-bouche di benvenuto, arriva una delicatissima mozzarella in carrozza su gazpacho di pomodori verdi e olive.

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Proseguiamo con i piatti e assaggiamo il tonno vitellato (tartare di tonno crudo con fondo bruno di vitello e maionese alla bottarga), rigatoni con fave, animelle e cagliata e ravioli alla parmigiana con colatura di provola aggiunta al momento del servizio.

cannellaeconfetti_cannavacciuolo_bistrot_torino_primi

Proseguiamo con tagliatelle di gamberi e arancia, rombo chiodato con salsa di fois gras e panzanella napoletana, vitello in panure di pistacchi e asparagi (servito con una deliziosa tartare mignon dello stesso vitello e crema di parmigiano) e piccione con burrata e mirtilli.
Le nostre menzioni d’onore vanno ai rigatoni e alle tagliatelle, entrambi dall’equilibrio perfetto, oltre che a un vitello intrigante ma mai stucchevole; un piatto di quelli da ordinare ancora e ancora.

cannellaeconfetti_cannavacciuolo_bistrot_torino_secondi

Con il dolce si conferma la promozione assoluta. Dopo un pre-dessert a base di gelato al pomodoro, mousse al basilico e crumble all’olio di oliva, dividiamo un Nocciola, nocciola, nocciola, un Arachidi e frutto della passione e un Bonet e lamponi: la presentazione è curata e invitante ma soprattutto – cosa fondamentale per un’irrecuperabile golosa come me – sono davvero ottimi.

cannellaeconfetti_cannavacciuolo_bistrot_torino_dessert

A conclusione del lauto pasto una impredibile selezione di piccola pasticceria servita prima del caffè (gelatina all’ananas, babà al rhum, sfogliatella con panna montata al momento, mini bignè con crema al limone, ovetto di cioccolato con crema al frutto della passione, torta caprese) fa definitivamente breccia nel mio cuore e capisco che sì, è valsa la pena di aspettare il principe azzurro con il grembiule.
Con questa cucina – speciale e sincera – non può che essere vero amore.

cannellaeconfetti_cannavacciuolo_bistrot_torino_piccola_pasticceria

A chi è adatto

A chi desidera un primo contatto con alcuni capisaldi della cucina di ispirazione partenopea dello chef Cannavacciuolo, in abbinamento a materie prime d’eccellenza della tradizione piemontese
Quanto si spende

Per 8 piatti, 3 dessert, 4 caffè, 4 acque, insieme a una bottiglia di buon Barbera d’Asti superiore (35 euro) il conto è stato di 320 euro in quattro, assolutamente adeguato al livello della cucina e alla piacevolezza generale del locale
Dove si trova

Il Cannavacciuolo bistrot di Torino si trova in via Umberto Cosmo 6
Curiosità
E’ disponibile una saletta con cucina a vista, per pranzare osservando la brigata all’opera

Filed Under: Eating out, Ristoranti

EATING OUT: RISTORANTE RUBACUORI @ CHATEAU MONFORT MILANO

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Quante volte da bambini avete strizzato gli occhi come per fare una magia, immaginando di risvegliarvi all’interno di una favola?
Vi do una buona notizia: è possibile realizzare questo sogno da grandi semplicemente varcando la soglia del Rubacuori, il ristorante dell’hotel Chateau Monfort di Milano.
Un ambiente incantato, raffinato quanto basta per far sentire l’ospite coccolato senza metterlo in soggezione. Estroso ma con garbo, i dettagli alla Lewis Carroll regalano un’aurea intensamente fiabesca senza risultare stucchevoli.
La divisione in piccole sale (Rubacuori, Specchio e Caccia) consente di mantenere una sensazione di intimità, caratteristica per me fondamentale in una struttura a 5 stelle.

cannellaeconfettti_ristorante_rubacuori_milano

Lo Chef Domenico Mozillo garantisce un lavoro di ricerca nei sapori, affiancato da un impiattamento ricercato che consente comunque un consumo semplice e piacevole.
Per me se un piatto si presenta benissimo ma gustarlo assume i contorni di una lotta greco romana, tutta la poesia svanisce; a tavola l’occhio vale la sua parte ma la forchetta di più.

cannellaeconfettti_ristorante_rubacuori_milano1

La nostra degustazione è iniziata con del vitellino cotto a bassa temperatura (morbidissimo) servito con una delicata crema tonnata alla barbabietola, capperi e chips di carote e con un’insalatina di seppia, carpaccio di asparagi, olive taggiasche e limone.
Abbiamo proseguito poi con delle linguine di Gragnano, limone, triglia e pane tostato e degli gnocchetti con crema di piselli, bufala affumicata e chips di guanciale.
Oltre che alla qualità delle materie prime e al perfetto equilibrio dei sapori in tutti piatti, assegno una nota di merito anche al pane e ai grissini fatti in casa – davvero squisiti – e alle porzioni assolutamente corrette.

cannellaeconfettti_ristorante_rubacuori_milano2

Interessanti il brunch domenicale e la formula light lunch, disponibile dal lunedì al sabato: un antipasto, un primo, acqua e caffè a 21 euro. Un prezzo davvero contenuto per la stessa presentazione curata di sempre, con un occhio alle tempistiche che un business lunch richiede (nessun bisogno del celebre richiamo del Bianconiglio “presto, che è tardi”, insomma).
La soluzione ideale per un incontro di lavoro dall’atmosfera piacevole ma anche per un primo approccio con il locale; per lasciarsi – appunto – rubare il cuore e attendere sospirando la prossima visita.

Chateau Monfort Hotel
C.so Concordia 1, Milano

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Cannella e Confetti

Margherita Daverio, alias Cannella e Confetti.
Classe '84, vivo a Milano e faccio la PR.
Per me cucina è carattere, brivido e poesia.
Sognatrice ad occhi aperti ed eccessiva negli affetti, vivo di istanti e di istinti.
Mi tengo stretta la famiglia, gli errori e i ricordi. Guardando sempre avanti, che la vita non si ferma. E tanto meno io.

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