Il detto secondo cui “l’attesa aumenta il desiderio” vale anche al ristorante.
Me lo sono ripetuta spesso negli ultimi mesi, come una sorta di mantra consolatorio… sì, perchè la love story (rigorosamente gastronomica) tra me e Mr. Antonino stentava decisamente a decollare.
Quando dopo un tentativo fallimentare di prenotazione del ristorante di Orta san Giulio per il compleanno di mio marito mi sono scontrata con la lista d’attesa del nuovissimo bistrot di Torino, lo sconforto si stava impossessando di me.
Mi aspettavano due mesi e mezzo di attesa per un sabato a pranzo, in quattro (sarebbero stati tre per lo stesso tavolo la sera). Beh, lasciatemi dire che più tardi il perchè l’ho capito.
Finalmente arriva il 5 maggio e con lui il nostro turno alla tavola dell’ultimo nato di casa Cannavacciuolo.
L’interno è ben organizzato, luminoso e curato. La disposizione dei tavoli è piacevolmente ampia per trattarsi di un bistrot e anche il bagno è all’altezza di un locale di alto livello; un po’ sacrificato per quanto grazioso il dehor, che purtroppo si trova sulla strada.
Gli spazi sono stati progettati con l’aiuto di un’esperta di feng shui, filosofia orientale secondo la quale seguire certe linee guida nell’organizzazione degli ambienti li rende capaci di restituire armonia ed equilibrio a chi li vive.
La tavola è informale (non ci sono tovaglie ma runner) ma elegante, il design generale è minimal e pulito. Il servizio è sapiente e cortese, il maitre in particolare è capace di un’accoglienza impeccabile, con il calore del bistrot ma all’altezza delle stelle.
Mentre sfogliamo i menu ci vengono serviti alcuni appetizer, dove è chiaro da subito l’imprinting partenopeo dello chef: montanara, pacchero fritto cacio e pepe, maccherone ripieno di ragù napoletano e mini-panino con la trippa. Come amuse-bouche di benvenuto, arriva una delicatissima mozzarella in carrozza su gazpacho di pomodori verdi e olive.
Proseguiamo con i piatti e assaggiamo il tonno vitellato (tartare di tonno crudo con fondo bruno di vitello e maionese alla bottarga), rigatoni con fave, animelle e cagliata e ravioli alla parmigiana con colatura di provola aggiunta al momento del servizio.
Proseguiamo con tagliatelle di gamberi e arancia, rombo chiodato con salsa di fois gras e panzanella napoletana, vitello in panure di pistacchi e asparagi (servito con una deliziosa tartare mignon dello stesso vitello e crema di parmigiano) e piccione con burrata e mirtilli.
Le nostre menzioni d’onore vanno ai rigatoni e alle tagliatelle, entrambi dall’equilibrio perfetto, oltre che a un vitello intrigante ma mai stucchevole; un piatto di quelli da ordinare ancora e ancora.
Con il dolce si conferma la promozione assoluta. Dopo un pre-dessert a base di gelato al pomodoro, mousse al basilico e crumble all’olio di oliva, dividiamo un Nocciola, nocciola, nocciola, un Arachidi e frutto della passione e un Bonet e lamponi: la presentazione è curata e invitante ma soprattutto – cosa fondamentale per un’irrecuperabile golosa come me – sono davvero ottimi.
A conclusione del lauto pasto una impredibile selezione di piccola pasticceria servita prima del caffè (gelatina all’ananas, babà al rhum, sfogliatella con panna montata al momento, mini bignè con crema al limone, ovetto di cioccolato con crema al frutto della passione, torta caprese) fa definitivamente breccia nel mio cuore e capisco che sì, è valsa la pena di aspettare il principe azzurro con il grembiule.
Con questa cucina – speciale e sincera – non può che essere vero amore.
A chi è adatto
A chi desidera un primo contatto con alcuni capisaldi della cucina di ispirazione partenopea dello chef Cannavacciuolo, in abbinamento a materie prime d’eccellenza della tradizione piemontese
Quanto si spende
Per 8 piatti, 3 dessert, 4 caffè, 4 acque, insieme a una bottiglia di buon Barbera d’Asti superiore (35 euro) il conto è stato di 320 euro in quattro, assolutamente adeguato al livello della cucina e alla piacevolezza generale del locale
Dove si trova
Il Cannavacciuolo bistrot di Torino si trova in via Umberto Cosmo 6
Curiosità
E’ disponibile una saletta con cucina a vista, per pranzare osservando la brigata all’opera
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