Ci sono viaggi che iniziano ma non finiscono. Semplicemente ti si infilano dentro e ti rimangono sottopelle per sempre.
Durante esperienze come queste convivi con l’inquietante certezza che non riuscirai a raccontare, senza sembrare banale, l’immensità di quello che vivi.
E vorresti avere quattro paia di occhi, per essere certa di non trascurare ogni dettaglio, tanto più fiato nei polmoni per poterli raccontare tutti questi dettagli e molte, decisamente molte più mani per fare di più.
Per quanto te lo possano raccontare non sarai mai preparato a vedere certe cose con i tuoi occhi.
Non sei pronto a vedere topi in terapia intensiva, a immaginare di non avere acqua corrente in ospedale, a capire cosa significa soffrire la sete per dieci ore.
Non sei pronto a entrare in una casa dove vivono 70 persone, a non riuscire a respirare per le condizioni igieniche e le nuvole di insetti, a vedere bambini coperti di terra e verruche. Non mi vergogno ad ammettere che sono sensazioni forti, che di primo impatto ti prendono alla bocca dello stomaco.
Ma dopo trenta secondi, anche meno, sgomiti per poter stare in mezzo a tutti questi bambini, per poterli accarezzare e stringere.
E non vedi più gli insetti, non senti più un odore, ti sembra di essere in una bolla di felicità. Come se qualcuno ti avesse fatto un regalo, di valore inestimabile: ti è stato fatto toccare il Paradiso sulla terra.
Le tue mani si fanno più grandi, per stringere quante più manine possibile, tutte nello stesso momento. Ne stringi una e poi un’altra e ne vorresti ancora, senza lasciarne mai.
Perchè quando quelle manine ti toccano ti senti semplicemente… pieno.
Mai in vita tua ti sei sentito così.
Tra le varie emozioni forti di queste giornate a Dakar, come se non bastasse, ho assistito a un intervento a cuore aperto. Non avrei mai immaginato che l’organo di uno scricciolo di 17 mesi potesse battere con tanta energia.
Con determinazione, aggressività, voglia di divorarsi la vita.
Tutti dovrebbero poterlo vedere, almeno una volta.
Se potessimo vedere con quanta forza ci batte il cuore nel petto, ci sentiremmo davvero invincibili.
Come invincibile ti senti quando al mattino ti alzi e sai che farai del bene, oggi.
La passione che l’equipe mette in questa missione non si lascia intimorire da nulla, non cede mai.
C’è qualcosa di più forte delle difficoltà e delle carenze: sono occhi. Occhi che brillano in modo incredibile solo perché sanno di aver aiutato qualcuno.
Il bagliore di questo genere di sguardi potrebbe illuminare una stanza.
E quando salta la luce in sala operatoria, la sensazione che hai è proprio quella.
Io non credo di essere riuscita a raccontare in modo degno quello che ho sentito e come questa esperienza mi ha toccata e cambiata, ma ci ho provato.
Forse avrei dovuto soltanto dirvi questo: fatelo, un viaggio così.
Sono momenti che vi toglieranno il fiato per poi ridarvelo gradualmente e insegnarvi come si fa davvero a respirare.